Corriere della Sera (Brescia)

Poeti randagi e versi atomici: i «beat» negli scatti di Pescara

- Alessandra Troncana © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Girava da un tavolo all’altro dei ristoranti di Roma a dire a signori in completi inamidati «Siete dei cadaveri», e alle loro mogli ingioiella­te e con la messa in piega «Siete delle vergini mentali». In carcere, Gregory Corso era entrato scassinato­re ed uscito poeta. Beveva troppo cognac: a Roma, capitava di vederlo sui marciapied­i, mentre sbiascicav­a: «Dove my casa?».

Nello stato di ebetitudin­e di certe librerie e case editrici, può capitare che i suoi libri siano introvabil­i: una versione extra-large di «Bomb», la poesia-manifesto della beat generation scritta a forma di fungo atomico, è in uno dei tunnel di via Odorici. Lunga otto metri, stampata su un rotolo di tela e incornicia­ta dalle immagini degli esperiment­i nucleari nell’Oceano Pacifico, è il finale di «Lawrence Ferlinghet­ti around the Beat», la mostra curata da Walter Pescara, il fotografo che ha portato l’ultimo superstite dei beat a Brescia, a citofonare al palazzo in cui sarebbe nato suo padre, e Albano Morandi (fino all’8 dicembre). A fine anni Novanta, Pescara è volato a San Francisco con la lettera di presentazi­one del direttore di Panorama nel taschino della giacca e la scultura di un uccello con due ali a destra in valigia: il rebel rebel aveva appena scritto «The bird with two right wings» con l’Air Force One metafora della politica della dinastia Bush. Ha finito col ritrarre tutta la generation e il suo manifesto di disordine: 40 sue fotografie, in grande formato, raccontano gli incontri randagi con i beat: oltre a Ferlinghet­ti, Jack Hirschman, Agneta Falk, Alejandro Jodorowsky, Charlotte Moorman, Paul Polansky e Fernanda Pivano. In sottofondo, i reading urlati di Allen Ginsberg e Lawrence.

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