Una guida agli scrittori bresciani
Letteratura Presenze e assenze nella Storia del romanzo italiano di Tellini
«C’è un cimiterino sul monte, alle porte della Valle Sabbia, quasi a picco su Tormini. Lì dorme l’ultimo sonno Lorenzo Gigli. Non è difficile spiegare perché il letterato finissimo — critico fra i più stimati d’Italia nei decenni centrali di questo nostro secolo — scelse per l’estremo riposo questo lembo, quasi balconata silenziosa e disadorna, da cui l’occhio spazia fra valle e lago. Gli oltre cinquant’anni di vita torinese non spensero l’amore per la terra bresciana che lo aveva visto nascere. Avrebbe desiderato ritirarsi in vecchiaia nel buen retiro di Prandaglio, a Palazzo Rosetta. Fu un proposito sempre rimandato. La morte lo colse a Torino, ancora al lavoro, nonostante gli 82 anni, il 29 novembre 1971. Ma a Prandaglio volle ugualmente tornare. E per sempre». (Da uno scritto di Attilio Mazza).
Perché questa citazione introduttiva? Perché il nome di Lorenzo Gigli si trova nella sostanziosa (e ben ragionata) bibliografia del recentissimo volume di Gino Tellini Storia del romanzo italiano (Le Monnier Università, Firenze 2017). E la cosa mi ha fatto piacere, perché Gigli è un bresciano di molti meriti, ma quasi sconosciuto ai bresciani. Giornalista e scrittore, è stato tra le due guerre direttore di importanti riviste oltre che redattore della terza pagina della Gazzetta del popolo di Torino. La sua tesi di laurea venne pubblicata col titolo: Il romanzo italiano da Manzoni a D’Annunzio (Zanichelli, Bologna 1914). Un libro, come scrive l’autore, non «di pura critica» ma «di odi e di amori», non soltanto letterari ma anche politici.
Gino Tellini, docente di Letteratura italiana all’Università di Firenze, propone una storia del romanzo che intende «ridi comporre linee, ragioni, connessioni, intrecci, rapporti e intersezioni».
Con l’intento di delineare una mappa dettagliata, analizza tendenze, cambiamenti e ripensamenti critici. Dedica ampio spazio a nomi, titoli, trame di opere, ritratti di personaggi, ma al tempo stesso considera con attenzione i centri geografici, i dibattiti e le inchieste, le riviste, i recensori, gli editori, le traduzioni, i prodotti popolari e di consumo, le attese del pubblico e le esigenze del mercato. È un libro ben fatto, accattivante per come è scritto e documentato per quel che scrive.
Tuttavia questa Storia del romanzo italiano non offre soltanto un affollatissimo campionario di opere e di autori, ma anche una traccia, un percorso e racconta le vicende una vera e propria emancipazione letteraria.
Il genere romanzo, oggi, attrae molti lettori. Ma le sue origini sono modestissime. Per conquistare rispetto e dignità ha impiegato più di due secoli. Agli inizi, nel Seicento, la cultura ufficiale lo considerava un prodotto immorale e di bassa qualità, per gente incolta e mediocre. Il libro di Tellini fa luce su ogni tappa di questa lunga storia, viaggiando nel tempo e nello spazio, proprio come un romanzo.
E sebbene l’autore ci tenga ad avvertire che «questo non è un repertorio da consultare, per misurare il valore delle presenze, né per lamentare il numero delle assenze. E neanche è un’enciclopedia, dove cercare ragguagli, notizie, informazioni su determinati autori. E neanche è una galleria di profili preconfezionati, come tante ce ne sono in giro» mi sono comunque avventurata a cercare di scovare presenze e contributi bresciani. Non certo per valutarne il peso (ogni selezione è sempre una scelta soggettiva dell’autore), ma per, diciamo così, curiosità campanilistica da ricercare in una mia «passione» per le vicende culturali (letterarie e non) bresciane.
Scorrendo l’indice analitico trovo Lorenzo Ercoliani, autore del romanzo storico I Valvassori bresciani pubblicato nel 1842, e il già citato Lorenzo Gigli, per il libro del 1914. Poi mi avventuro nel periodo più recente, quello dedicato ai romanzi degli scrittori contemporanei.
Tra i bresciani (di nascita o di adozione) che pubblicano, o hanno pubblicato, romanzi con editori di rilievo nazionale mi spiace non trovare i nomi di Camilla Baresani, Marco Archetti, Francesco Permunian, Maria Venturi, Carmen Covito, Renzo Bresciani seppur compensati da Aldo Busi e Luca Doninelli e trovare invece citati, anche se con sorniona riserva critica, i successi editoriali di Fabio Volo. Evidentemente, pur non determinando preferenze, l’essere personaggio televisivo impone presenze.
Mi consolo (un pochino) sul versante degli storici della letteratura dove, tra i vari studiosi bresciani (di nascita o di adozione) cha hanno contribuito, a vario titolo, a far conoscere la storia del romanzo italiano, oltre a Lorenzo Gigli, trovo Fabio Danelon, docente a Verona, Giuseppe Langella, Ermanno Paccagnini e Giuseppe Lupo, tutti e tre docenti della nostra Università Cattolica.
«L’ideale destinatario del libro — scrive Tellini — è un lettore desideroso di essere informato su come le cose si sono svolte, ma anche curioso di interrogarsi sul perché si sono svolte in quel modo, e non altrimenti”.
Mancano Non vengono citati Baresani, Archetti, Permunian, Venturi, Covito e Bresciani
Citati In ambito saggistico ci sono Gigli, Danelon, Langella, Paccagnini e Giuseppe Lupo