In quel ritratto di dama c’è tutta la magnificenza di un abito nuziale del ‘700
Osservando il ritratto della nobile camuna Lucia Ballardini, la «Dama svelata» dell’omonima mostra allestita nella chiesa di Sant’Antonio a Breno (oggi l’ultimo giorno), si resta colpiti dalla magnificenza del suo abito. Trattandosi di un ritratto postumo, commissionato dal vedovo Giulio Romelli nel 1787 dopo ben 44 anni dalla morte della moglie per colera, è probabile che l’anonimo artista abbia nascosto i lineamenti della donna perché non l’aveva mai vista e abbia scelto la pianta di limoni come simbolo di fedeltà coniugale, mentre i dettagli della stoffa, i pizzi, i gioielli, persino la scarpina ricamata che spunta da sotto l’ampia gonna, dimostrano un’osservazione diretta degli stessi. La foggia dell’abito, i motivi decorativi tessili e i merletti sono databili intorno al secondo decennio del XVIII secolo e comunque non oltre il 1730. È dunque possibile che Lucia Ballardini sia stata immortalata con il suo abito più bello, quello delle nozze: la data di nascita del primogenito Giuseppe Maria (1731) confermerebbe la datazione supposta. Il tessuto della veste colpisce per la vivace cromia e la straordinaria opulenza di materiali e decori: su un fondo monocromo azzurro intenso sono disseminate grosse infiorescenze laminate d’oro e d’argento in stile tardo barocco, unite a elementi astratti arricciati di gusto ancora bizarre, mentre esili tralci fioriti bianchi e rossi preannunciano il naturalismo rococò. La ricchezza della seta operata lascia ipotizzare una manifattura prestigiosa, forse veneziana ma più plausibilmente lionese, così come i raffinati pizzi ad ago potrebbero provenire da Venezia oppure dalle Fiandre. In un’epoca in cui la foggia dell’abito, i colori e i materiali della stoffa, l’acconciatura, gli accessori, i gioielli dichiaravano l’appartenenza ad una classe sociale elevata, il ritratto di questa nobildonna camuna documenta un’esplicita ostentazione di ricchezza e grande raffinatezza nel seguire la moda di gusto francese in un contesto socio-culturale di provincia. Non è da escludere che una veste così ricca e ampia, conservata gelosamente dalla famiglia fino alla data del dipinto, sia stata in seguito donata alla chiesa (com’era consuetudine) per farne un parato liturgico.