False fatture, i prestanome cercati tra i tossicodipendenti
L’OPERAZIONE DELLA FINANZA
Dal 2011 in poi la galassia di società fittizie gestiste da Stefano Consonni, 62 anni, di Albano Sant’Alessandro (Bergamo), Eleonora Bergamini, 55 anni, di Capriolo e impiegata part time delle poste di Seriate, e Franco Gargiulo, 61 anni, di Velletri — tutti e tre finiti ai domiciliari — avrebbero emesso fatture false per un totale di 104 milioni di euro. I prestanome la banda li cercava tra tossicodipendenti e disperati.
C’è anche una bresciana nella banda accusata di aver emesso fatture false per 104 milioni, intestando le società fittizie a prestanome reclutati tra nullatenenti e tossicodipendenti.
Il meccanismo è ben descritto dal pm di Bergamo e poi dal gip, nell’ordinanza: «All’origine vengono create diverse società intestate a prestanomi, reclutati in ambienti disagiati, nullatenenti, malati terminali, pluripregiudicati». Tra loro anche un tossicodipendente: per mettersi a disposizione riceve 20 euro e una bottiglia di birra a settimana. Le società intestate ai prestanome, «ubicate prevalentemente in provincia di Bergamo e Brescia — scrive il gip — hanno le caratteristiche tipiche delle “cartiere”, quali l’assenza di sede e struttura sociale o completa assenza di dichiarazioni fiscali, ed emettono fatture che permettono alle società annotatrici (quindi aziende vere e operative, ma complici, ndr) di abbattere i ricavi».
Il risultato è un buco spaventoso: dal 2011 in poi la galassia di società fittizie gestiste da Stefano Consonni, 62 anni, di Albano Sant’Alessandro (Bergamo), Eleonora Bergamini, 55 anni, di Capriolo e impiegata part time delle poste di Seriate, e Franco Gargiulo, 61 anni, di Velletri — tutti e tre finiti agli arresti domiciliari — avrebbero emesso fatture false per un totale di 104 milioni di euro.
Due le fonti di guadagno: le (false) compensazioni Iva presentate al Fisco, ma soprattutto il ritorno di liquidità che arrivava dalle aziende vere. Le società complici, infatti, dopo aver ottenuto le fatture per operazioni inesistenti versavano soldi su conti correnti gestiti sempre dal gruppo dei tre arrestati. Nell’ordinanza di custodia cautelare vengono elencati, tra il 2012 e il 2017, prelievi (e in minima parte bonifici su altri conti correnti, assegni o vaglia), per un totale di 15 milioni e 713 mila euro.
Basti il caso di tutto il mese di marzo del 2016 in cui, da un solo conto corrente postale, escono 1 milione e 300 mila euro. Come? Oltre ai prestanome delle società il gruppo di Consonni avrebbe anche ingaggiato, secondo l’accusa, una serie di faccendieri: persone che fanno tappa in più uffici postali in un solo giorno, di paese in paese, prelevando di volta in volta piccole cifre che a fine giornata fanno una buona somma.
Un meccanismo già noto alla Finanza ma portato all’ennesima potenza, risulta dalle carte dell’accusa, da Consonni, Bergamini e Gargiulo. La Guardia di Finanza del gruppo di Bergamo scova durante le perquisizioni lunghi elenchi, molto ordinati, di prestanome e faccendieri. Lo stesso fanno i colleghi di Velletri, che avevano già acceso un riflettore su Gargiulo. Ma spuntano anche precise annotazioni delle fatture emesse per operazioni inesistenti da 28 società, bresciane e bergamasche, ma anche di diritto inglese e bulgare: a Sofia, ad esempio, scatta il blitz nella sede della Lactis Bulgaria, che però ha domicilio fiscale a Villanuova sul Clisi. Le accuse, di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione fiscale, vengono definite «solide» dal procuratore di Bergamo Walter Mapelli, che però annuncia ricorso al Riesame. Su 159 indagati il pm aveva chiesto il carcere per Consonni, Bergamini e Gargiulo, i domiciliari per altri 27 soggetti, prestanome e faccendieri. Ma il gip Ciro Iacomino, pur riconoscendo gravi indizi, ha cassato l’accusa di associazione a delinquere per i tre (finiti ai domiciliari), specificando che non servono misure cautelari per gli altri indagati dopo aver «neutralizzato i soggetti gestori dell’attività illecita».
Nella banda Tra gli arrestati una 55enne di Capriolo che lavorava all’ufficio postale di Seriate Il guadagno Dal 2011 la galassia di società fittizie ha evaso per un totale di 104 milioni di euro