Tecnica e narrativa necessarie per capire l’«homo faber» di oggi
Chi è il soggetto?. È questa la domanda che sottende la ricerca dell’Accademia Cattolica di Brescia attraverso il ciclo annuale di incontri intitolato «Umano e postumano» previsto per il 2017-18. In questa quarta edizione i tentativi di tracciare i confini dell’umano si concentreranno su due fattori: l’economia e la tecnica. L’apertura dei lavori è affidata a Michele Cometa, germanista e filosofo, docente di Storia comparata delle culture e Cultura Visuale all’Università di Palermo, con un intervento dal titolo «Tecnologia e narrativa: il passato e il futuro dell’homo faber». Ci troviamo davanti a quella che si potrebbe definire un’antropologia filosofica che si interroga sull’umano partendo dall’evento della narrazione che scolpisce il mondo e che ha un ruolo decisivo nella costituzione del Sé. E ancora, quali sono gli strumenti che l’umano (o il post-umano?) ha ereditato e custodisce come sacri? Cosa ci resta delle preistoriche narrazioni? Cometa studia la relazione tra la produzione di utensili e lo sviluppo di capacità narrative e riflette sulla convergenza tra gesti, utensili, linguaggio, narrazione e letteratura. Poiché l’interrogarsi dell’Accademia si colloca a cavallo tra l’homo faber e l’homo factus è inevitabile chiedersi che ruolo rivesta la narrazione in questo processo. Da una parte c’è l’homo faber, fabbricatore di pratiche di parola, di narrazione e di conoscenza, dall’altra l’homo factus, frutto di forze quali l’economia e la tecnica che, pur aprendo a nuovi spazi di realizzazione dell’identità, possono rendere l’uomo schiavo. Da secoli la civiltà occidentale si focalizza sulla possibilità di mettere a disposizione dell’uomo mezzi sempre più potenti. Ineludibile interrogarsi sull’idea stessa di progresso, consapevoli che se questo è inteso solo in senso evolutivo si infrange sulla soglia del vissuto delle persone e delle loro manifestazioni culturali. L’uomo polisemico è in grado di cogliere l’inevitabile sfida di porsi in contrasto con la predominanza di una mentalità di mercato che crea squilibri drammatici sociali e dell’intero ecosistema? Siamo una sorta di nuovi bricoleur, il cui bagaglio strumentale consiste nell’adattarsi di volta in volta agli arnesi di cui si dispone? Cosa ci resta, allora, se non il narrare? È infatti la narrazione che costituisce il senso della domanda e che crea orizzonti di nuove identità. Persiste l’interrogativo su ciò che resta, sul residuo, sulla parola: è la narrazione che appartiene al soggetto o è il soggetto che appartiene alla narrazione? L’incontro si tiene oggi alle 18 presso la sede dell’Accademia in via Gabriele Rosa, 30.