Kapoor alla Tosio «Sì» del ministero ma solo per 2 anni
L’allestimento d’artista è «opera di pregio» ma deve avere durata temporanea: non oltre due anni. Per Roma son da rivedere le luci
Telefonate al vetriolo con prefisso internazionale, musi, scene isteriche, dimissioni ritirate e interrogazioni sulla tappezzeria all’ordine del giorno del consiglio comunale: sul progetto di Kapoor per la Pinacoteca Tosio Martinengo è arrivato anche il parere del ministero ai Beni culturali. L’allestimento che il semi-dio angloindiano aveva disegnato per le pareti, una trama di tessuti grigi, rossi e blu, è stato cestinato dalla Loggia per non sforare su tempi e costi e per non creare un Minini-gate (il presidente di Brescia Musei è il gallerista dell’artista, che in ogni caso avrebbe lavorato gratis per il Comune): nonostante la bocciatura a palazzo, il 27 luglio il soprintendete Giuseppe Stolfi ha spedito le bozze a Roma per un parere «squisitamente culturale» (cit).
Il comitato tecnico per l’arte e l’architettura contemporanea ha discusso il progetto nella seduta del 20 settembre: il verbale dovrebbe arrivare a Brescia, nell’ufficio di Stolfi, entro qualche giorno. «Dopo aver esaminato il carteggio e aver approfondito la questione, non abbiamo dato parere ostativo» fa sapere l’architetto Sergio Mazza, che ha valutato le bozze con i colleghi e stilato il parere. La tappezzeria d’artista è cosa buona e giusta, ma a certe condizioni. La prima: dovrà essere fugace. «L’allestimento, come si può immaginare, non può essere permanente: abbiamo indicato un periodo limitato di due anni». Inoltre: «Il progetto che ci è stato inviato da Brescia presentava carenze sull’aspetto illuminotecnico: abbiamo chiesto alla Soprintendenza di approfondire. In genere, va detto, sono questioni che si sollevano durante la fase esecutiva (una fase che l’opera non ha raggiunto, ndr)». Ma, per il ministero, l’opera dell’artista angloindiano è «di pregio: su questo, non si discute». Stesso parere l’aveva dato la soprintendenza all’ Archeologia, belle arti e paesaggio ancora prima che la Loggia rinunciasse all’allestimento. Alla vernice della sua mostra nella galleria di Minini, a gennaio, Kapoor aveva detto che quello per la Pinacoteca era un progetto very slow, molto lento, e un suo regalo a Brescia: non avrebbe chiesto una sterlina di compenso. Tra la Loggia, committente dei lavori, e l’artista, osannato dai musei e dai collezionisti di tutto il mondo, non ci sarebbe stata una sola transazione su conti correnti inglesi, ma il sindaco Emilio Del Bono ha rinunciato al progetto. «C’è stata una valutazione attenta con assessori e dirigenti del Comune — aveva detto in consiglio comunale il 25 luglio —: per una ragione di tempo e costi, abbiamo ritenuto che non ci siano le condizioni per accettare. La Pinacoteca proseguirà secondo il progetto iniziale».
Il palazzo, dopo un restauro iniziato nel 2009 — interrotto per mancanza di fondi e ripreso dalla giunta Del Bono dopo una revisione di bozze e preventivi — dovrebbe aprire a fine febbraio 2018: senza la tappezzeria d’artista. Nel Kapoorgate e nel rifiuto del progetto, un peso ha avuto anche e soprattutto l’interrogazione dell’opposizione (Forza Italia), all’ordine del giorno del consiglio comunale del 25 luglio. Il titolo: «Rapporti tra Anish Kapoor e Massimo Minini». Il presidente di Brescia Musei, gallerista dell’angloindiano, non avrebbe percepito un euro di cachet dall’operazione. E pare difficile che la tappezzeria di Kapoor per la Tosio Martinengo possa alzare le quotazioni di un artista che ha esposto ovunque, da Versailles alla Biennale di Venezia.
«Alla sua carriera non cambia niente, e nemmeno alla mia. Ma a volte sembra che Brescia viva con il freno a mano tirato» aveva detto Minini appena saputo che la Loggia aveva bocciato il progetto . Un parere oggettivo sul possibile conflitto d’interessi del presidente della fondazione Brescia Musei potrebbe arrivare solo dall’Anac, l’autorità anticorruzione. Ma, al momento, pare che nessuno lo abbia ancora chiesto.