Cesare Bermani e i canti popolari ai tempi di X Factor
Parlare di canto popolare ai tempi di X Factor potrà apparire stonato. Se c’è, la stonatura è originaria: la riscoperta del canto popolare, di cui Cesare Bermani è stato uno dei principali protagonisti, ebbe luogo in un’Italia che era già quella di Sanremo e dei jukebox. Eppure è in quell’Italia, industrializzata e con già molte lavatrici in casa, che matura il ‘68 – come è nell’Italia delle prime star musicali televisive che si diffonde un interesse per il canto popolare. Si riscoprono i canti di minatori, anarchici e mondine vent’anni dopo la scoperta planetaria della bomba atomica. Perché?
Cesare Bermani è un riferimento per tutti coloro che intendano interrogarsi sull’effettivo significato culturale e sociale di snodi centrali del Novecento italiano – da Caporetto al biennio rosso, dalla Resistenza fino appunto agli anni ’68, e oltre. Quello che distingue Bermani è anzitutto il metodo: alle sintesi panoramiche e ai trattati mitizzanti vengono opposti l’analisi di contesti specifici e l’ascolto di minatori, anarchici, mondine e moltissimo altro. «Ascolto» va inteso in senso non metaforico: Bermani ha fatto ricerca con il magnetofono, inaugurando un modo minoritario quanto cruciale di ricostruire eventi e processi storici. Così, per esempio, ascoltando e registrando le parole dei protagonisti della Resistenza nella Valsesia, Bermani ha fatto riflettere sul modo in cui molti partigiani consideravano le donne (anche partigiane) o la violenza.
Interrogarsi oggi sul ‘68 significa fare i conti con un’interpretazione ormai egemone, che assimila quei fatti a una sorta di crisi di adolescenza sociale subito evoluta in due altri fenomeni, opposti ma complementari: la violenza politica e la riconciliazione generale su basi consumistiche – con la prima a ritardare, per tutti gli anni Settanta, l’emergere della seconda quale verità definitiva dell’uomo e della storia.
Porsi questioni su quel periodo è già prendere le distanze da questo pre-giudizio. E ascoltare Bermani significa anche fare quello che Bermani non ha smesso di suggerire, a partire da quegli anni: ascoltare la parola viva dei protagonisti, al di là di spartiti e ritornelli. Soprattutto ai tempi di X Factor.