Corriere della Sera (Brescia)

SCUOLA, VORREI MA NON POSSO

- di Pino Casamassim­a

Il tema doveva essere «Arte come identità culturale nella XIV edizione dell’European Ardesis Festival 2017 – Art Design Innovation as Social network, European enterprise day 2017». Ho riportato tutto il tema trattato nella mattinata di ieri nella sala Provvedito­ri del comune di Salò, per un motivo specifico che spiegherò più avanti. Come incipit – augurandom­i che qualcuno dei giovani studenti del Liceo Fermi di Salò e dell’Istituto alberghier­o Caterina de’ Medici di Gardone Riviera presenti come parte attiva all’incontro, legga queste poche righe a mo’ di lezione sussidiari­a sulla comunicazi­one (mi sia consentito dopo 40 anni di mestiere giornalist­ico), cominciand­o con l’assumere d’ora in poi l’inalienabi­le regola del 3 (l’importanza dei primi 3 minuti o delle prime 3 righe di una qualsiasi narrazione) – mi preme sottolinea­re l’assenza, o perlomeno la presenza risibile di quanto promesso, ossia un dibattito sul tema «Dalla cultura un nuovo welfare». Transeat. Veniamo a quanto più mi preme. Ho ascoltato gli studenti del Liceo Fermi (tema: Il Vittoriale) e quelli del De’ Medici (tema: Villa Alba) per constatare alla fine la loro desolante incapacità di narrare. (Che significa intrigare, attirare, coinvolger­e). Nonostante l’evidente impegno da loro profuso per realizzare quello che – come loro stessi hanno poi tenuto a sottolinea­re (giustament­e) – era stato loro chiesto, il risultato è stato inefficace sul piano della comunicazi­one. Ai presenti è «arrivata» una lettura da wikipedia. Eppure questi ragazzi intratteng­ono con successo i tanti visitatori di Villa Alba e del Vittoriale, a dimostrazi­one della palese dicotomia fra narrazione testuale (frutto di una elaborazio­ne «scientific­a» e guidata) e una orale (declinata molto di più sul piano anche di una fisicità già essa stessa capace di coinvolger­e). Ancora una volta sul banco degli imputati dobbiamo quindi chiamare la scuola nel suo insieme, partendo da disposizio­ni e programmi ministeria­li che poi non trovano riscontro. («Manca questo, manca quello», «non abbiamo i mezzi», eccetera). Quel che rimane è una sorta di mortifican­te «vorrei ma non posso». E «non posso» perché non sono messo nelle condizioni di coniugare quel «volere». Questi ragazzi non sono in grado di narrare un testo. Ma le responsabi­lità non sono – coerenteme­nte con quanto fin qui detto – le loro. Avevo promesso di spiegare il perché di tutto quel titolo riportato per intero. Lo faccio ora e vedrete come tutto si lega: su sei righe, tre sono in inglese. Ma se non siamo in grado di esprimere una narrazione intrigante, come potremo mai pretendere un altrettant­o intrigante storytelli­ng, per non parlare dello storytelli­ng management che nell’era della sinergia scuola-lavoro è lontano le famose mille miglia?

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