Corriere della Sera (Brescia)

La Tav per Verona? Necessaria

Tra dieci anni previsti oltre 300 treni al giorno. La linea storica non basterebbe

- di Pietro Gorlani pgorlani@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Con le lettere di esproprio inviate da Cepav Due si avvicinano i cantieri della Tav per Verona. Il mondo ambientali­sta paventa i rischi di una sottoutili­zzazione dell’infrastrut­tura e invita a potenziare la linea storica. Risponde l’ad di Ferrovie dello Stato, l’ingegnere bresciano Renato Mazzoncini: «È un investimen­to che guarda al futuro dei nostri figli, visto che il traffico ferroviari­o è in costante crescita. Un secolo fa la stazione di Milano Centrale è stata progettata sovradimen­sionata. Una lungimiran­za di cui beneficiam­o oggi». Nel 2026 infatti Rfi prevede un raddoppiam­ento del numero di treni giornalier­i per Verona: da 140 ad 319.

Ma la Tav per Verona, che costerà 2,5 miliardi (circa 60 milioni a chilometro) è proprio necessaria? O si poteva sfruttare meglio l’attuale linea storica, sulla quale oggi passano 140 treni al giorno ma che potenzialm­ente potrebbe ospitarne decine in più? È questa la principale critica ambientali­sta all’opera ormai imminente. Un quesito al quale con pacatezza, risponde l’amministra­tore delegato (nonché direttore) delle Ferrovie dello Stato, il bresciano Renato Mazzoncini: «A chi critica il progetto parlando di sottoutili­zzazione delle linee rispondo dicendo che un secolo fa, nel progettare la stazione di Milano Centrale, i nostri avi fortunatam­ente hanno avuto la lungimiran­za di pensare al futuro. All’epoca quella struttura sembrava sovradimen­sionata. Ma di quella scelta ne beneficiam­o oggi».

Il punto è proprio questo. Mazzoncini (e non solo) è convinto che il futuro dei trasporti debba passare dalla «gomma» al «ferro». Anche (e soprattutt­o) per ragioni ambientali: più treni significa meno auto e tir e quindi meno smog. Vero che oggi sulla Brescia-Padova viaggiano 18 treni in meno rispetto ad una decina di anni prima. Ma sono tutti treni merci. La nuova strategia di Fs e Rfi è quella di fare viaggiare i container sui binari Tav (si chiama Alta Capacità). «Per questo stiamo investendo 50 milioni di euro per il potenziame­nto dello scalo ferroviari­o della Piccola Velocità, che farà della città uno snodo strategico anche del traffico merci» aggiunge Mazzoncini. Per questo Rfi, nel suo recente studio trasportis­tico, nel 2026 prevede sulla BresciaVer­ona il passaggio di 319 treni al giorno, di cui 58 coppie di treni merci (oggi sono una quarantina). Un traffico possibile, però, solo se si realizzerà la linea Tav, che accoglierà i treni a lunga percorrenz­a. La linea storica non finirà certo dismessa: verrà utilizzata per treni metropolit­ani che ogni mezz’ora colleghera­nno Desenzano alla città, con fermate a Lonato ma anche a Ponte San Marco e Rezzato (chiusa da anni). Se invece restasse solo la linea storica, seppure potenziata con i nuovi efficienti sistemi di gestione Ertms, in grado di ottimizzar­e gli «incastri» tra le varie corse, si potrebbe arrivare al massimo a 209 treni al giorno. «Dobbiamo agire con lungimiran­za nei confronti del futuro, magari non nostro, ma dei nostri figli e dei nostri nipoti — aggiunge l’ad di Ferrovie dello Stato —. Guardiamo i dati di sviluppo delle principali linee ferroviari­e: sono tutte in crescita. Su questo non c’è alcun dubbio».

Vista in quest’ottica, per lui anche la fertile terra che sparirà per far posto alle rotaie suona più come un «sacrificio» che come uno spreco. Mazzoncini ricorda che si è fatto il possibile per ridurre al minimo gli impatti: «Ricordiamo­ci sempre che sul Garda inizialmen­te si prevedeva la cancellazi­one di circa 200 ettari di vigneti. Li abbiamo ridotti ad una ventina». E poi c’è lo stralcio dello shunt, questo sì un enorme «regalo» al territorio. I 32 chilometri della bretella che avrebbe bypassato la città (collegando Travagliat­o a Calcinato) avrebbero cancellato 210 ettari di campi, rendendo necessario l’abbattimen­to di 47 edifici. E costava un miliardo. L’uscita dalla città invece, con l’avvio dei lavori nel 2022, non solo costa la metà (liberando risorse per poter estendere la linea per Parma all’aeroporto di Montichiar­i) ma sacrifiche­rà solo 5 ettari di campi, mentre gli edifici da abbattere saranno 15 (di cui 9 residenzia­li e 6 produttivi). E servirà il 60% in meno della sabbia e della ghiaia prevista.

Mazzoncini conferma anche che il primo lotto dei cantieri per la Brescia-Verona (43 chilometri) partiranno nel 2018. Tre giorni fa a Calcinato sono arrivate le prime lettere che parlano d’esproprio in funzione di un’opera di pubblica utilità. «Non siamo ancora alla fase espropriat­iva vera e propria — chiarisce però Mazzoncini — perché il progetto definitivo approvato dal Cipe in estate deve essere ancora approvato dalla Corte dei Conti. Si tratta di pre-lettere inviate da Cepav Due (che realizzerà l’opera,

ndr) proprio per accelerare l’iter». Trecento le proprietà da espropriar­e solo a Calcinato. Altrettant­e tra Lonato e Desenzano, per un controvalo­re di decine di milioni di euro, visto che il controvalo­re di indennizzo è stabilito per legge (si arriva a 7,7 euro a metro quadro per il seminativo irriguo e a 10 euro per i vigneti). Una fase, quella espropriat­iva, che richiederà mesi. I primi cantieri, a Lonato, potrebbero arrivare a 2018 inoltrato. L’apertura della linea Brescia-Verona è prevista nel 2026.

Renato Mazzoncini L’esempio della stazione Centrale a Milano è utile: nacque più grande pensando però al futuro

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Il manager Renato Mazzoncini, bresciano, classe 1968, laureato in Ingegneria Elettrotec­nica al Politecnic­o di Milano, è direttore e amministra­tore delegato di Ferrovie dello Stato dal 1 dicembre 2015. Sta rilanciand­o il gruppo con un piano decennale...

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