Profughi, dignità al primo posto
Dopo l’arresto di Scaroni per truffa allo Stato parla Agostino Zanotti: «I controlli sono indispensabili»
L’arresto dell’imprenditore Angelo Scaroni ha aperto le porte al dibattito sulla qualità dell’accoglienza a Brescia. «La dignità dei profughi deve essere messa al primo posto», spiega Agostino Zanotti, uno dei rappresentanti del terzo settore.
Non vuole entrare nel merito della vicenda. Ma bastano un paio di coordinate affinché Agostino Zanotti — presidente dell’Associazione per l’ambasciata della democrazia locale a Zavidovici — rimetta in asse la barra della questione. Parliamo di accoglienza e del caso Scaroni, che di nome fa Angelo, imprenditore bresciano finito ai domiciliari con l’accusa di aver truffato lo Stato per oltre 930 mila euro percepiti «indebitamente» secondo procura e gip. Che scrive: «La sua intera attività risulta condotta al solo scopo di ricavare il profitto senza alcuna controprestazione, anche con danno degli stranieri che si trovano a vivere in condizioni poco dignitose». Anche in garage o ripostigli, in caso di necessità.
Ecco, su questo punto Zanotti è giustamente inflessibile. «Il primo presupposto se vuoi fare accoglienza è rispettare la dignità delle persone. Non è pensabile il contrario». Punto. La sua associazione gestisce cinque progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e una trentina di persone nei Cas (centri di accoglienza straordinaria): circa trenta strutture in tutto, spiega, «distribuite un po’ su tutta la provincia, soprattutto nell’hinterland bresciano» per «120 profughi e 25 persone dello staff». Ci sono lo psicologo, l’interprete, gli operatori. Tutto ciò che Scaroni avrebbe falsamente autocertificato e mai garantito. Perché certo, «qualcuno dice che 35 euro al giorno sono stanti? Ovvio, fin troppi se non offri alcun servizio. Altrimenti servono eccome».
Il problema è che «ne basta uno, accusato di truffa, e ti trovi il dito puntato contro il sistema». Che poi Zanotti è il primo a fare i distinguo: «Vede, ci sono anche gli imprenditori dell’accoglienza, che ne hanno fatto un businness, ma in modo serio e onesto. Questa è la differenza sostanziale. Noi siamo una onlus, per cui tutto viene affrontato in ottica sociale, ma ben vengano altre formule, purché nel rispetto delle disposizioni».
L’autocertificazione non può bastare, insomma. Il problema, «è che mancano i controlli. Che per noi sono essenziali. Nello Sprar, per esempio, spettano all’ente locale e al ministero: i conti sono monitorati così come la qualità dei servizi che offriamo agli ospiti stranieri. Ed è giusto che sia così», dice Zanotti. Che ammette: «Nessuno è immune dagli sbagli, purché siano commessi in buona fede. Perché il dolo è ben altra cosa. Noi facciamo accoglienza da anni, eppure impariamo qualcosa ogni singolo giorno».
Certo è che al di là dell’aspetto
L’imprenditore è accusato di «non aver mai reso» un servizio di accoglienza
umano, che è prioritario, non ci si può certo improvvisare: «Fare accoglienza, in modo giusto intendo, richiede prima di tutto personale adeguato». Operatori specializzati che vanno pagati, siano mediatori culturali o interpreti. «E il valore aggiunto di quel che facciamo sta anche in questo: poter offrire lavoro a tanti giovani neolaureati, preparati e determinati». Pausa. «Non sei mai abbastanza preparato ad affrontare il dramma di queste persone, che hanno bisogno di supporto anche sotto il profilo psicologico». Non a caso, è previsto da bando. «Anche noi, ogni mese, abbiamo un supervisore». La premessa, e la chiosa, è un patto col buon senso: «Bisogna capire fino a che punto si può arrivare e quali sono le risorse a disposizione prima di muoversi».