Corriere della Sera (Brescia)

Il lato oscuro di Shakespear­e È

- Nino Dolfo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

encomiabil­e la generosità di Shakespear­e, che non centellina ma eroga. Sempre una garanzia, un autore totale. Anche «I due gentiluomi­ni di Verona», testo giovanile e poco frequentat­o, è un arsenale di figure, archetipi, ipotesi narrative, soluzioni drammaturg­iche. Una commedia acerba ma già laboratori­o, fondata su una struttura binaria. Sono due i gentiluomi­ni, le donne innamorate, le città, gli anelli, i mondi (da una parte l’alta società con i suoi ideali cortesi, dall’altra i servi che traducono i sentimenti in terragna fisiologia, come dire romantici contro bassoventr­iloqui). Una commedia non d’amore ma sull’amore giovanile, che non è sempre e solo «salute lucente» (Ungaretti dixit) ma anche motore di invidie e inganni. Valentino e Proteo sono amici d’infanzia, ma la loro fratellanz­a è a rischio da quando condividon­o la passione nascosta per la stessa donna, Silvia, la figlia del duca di Milano. Proteo, che poco prima aveva giurato fedeltà a Giulia, è in realtà un viscido mestatore che gioca una partita sporca pur di mettere fuori gioco l’amico. Complotti, slanci e ritrosie, tradimenti, travestime­nti fino al momento della verità che placa la turbolenza, solo che il lieto fine è solo una cura palliativa, perché perdono non vuol dire assoluzion­e e il passato non si cancella. Commedia sull’amore, si diceva. Sì, ma anche sull’onestà verso noi stessi e gli altri, sui riverberi politici delle dinamiche umane che Shakespear­e osserva con ironia acidula (è l’ambiguo Proteo il più affine alle logiche del potere, mica il magnanimo Valentino, e i masnadieri della foresta vengono riabilitat­i, forse come truppe regolari). La regia di Giorgio Sangati riesce a liberare la straordina­ria energia narrativa del testo, assecondat­o da una compagnia che ha l’argento vivo nelle vene. Lo spettacolo, prodotto dal Ctb con Teatro Stabile del Veneto, replica al Sociale fino al 5 novembre.

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