Esecuzioni penali, arrivano i rinforzi
Un piccolo sospiro di sollievo per l’ufficio esecuzione penale esterna (Uepe) di Brescia, da tempo sotto organico e con carichi di lavoro crescenti. È questo quanto se ne ricava dalla risposta che ieri il sottosegretario al ministero della Giustizia Gennaro Migliore ha dato all’interrogazione fatta dal deputato pd Alfredo Bazoli. Le difficoltà dell’ufficio si trascinano da tempo ma sono aumentate in particolare negli ultimi anni, da quando alcuni provvedimenti legislativi hanno ampliato le maglie delle misure alternative al carcere, in particolare la cosiddetta messa alla prova.
«Misure positive, sia chiaro – spiega Alfredo Bazoli – che ci avvicinano alle migliori esperienze europee, ma gli uffici dell’Uepe sono sovraccarichi di lavoro e urgono risorse e personale». Diciassette dipendenti, 5mila casi gestiti dall’inizio dell’anno (quasi il triplo rispetto al 2014). La scorsa estate la situazione era a rischio esplosione, con tanto di dichiarazione dello stato di agitazione da parte dei sindacati di categoria. L’interrogazione fatta da Bazoli è il frutto di quella protesta. Migliore ha ricordato che quest’anno sono stati stanziati 190 mila euro per la sede bresciana e l’avvio di una collaborazione con otto assistenti sociali. Oltre a tale attività è stata anche ridefinita la pianta organica dell’ufficio, con un addetto in più (assistente giuridico pedagogico). Oltre a questo il Ministero ha inoltre avviato le procedure concorsuali per l’assunzione di 60 persone. Nella risposta Bazoli vede il bicchiere mezzo pieno: «Sono molto soddisfatto, certo non è sufficiente ma sicuramente è qualche passo nella giusta direzione». Il bicchiere sicuramente meno pieno lo vedono invece i sindacati: «Stiamo parlando – afferma Francesca Baruffaldi, segretaria della Fp Cgil a Brescia -: di carenze di organico nell’ordine delle dieci persone». Che le misure alternative servano è indubbio. Bazoli cita un dato: per chi sta in carcere la recidiva è del 70%, per chi usufruisce di misure alternative crolla a meno del 20 per cento. «Negli altri Paesi europei il rapporto carcerati misure alternative è di uno a uno – ricorda Bazoli —: noi eravamo di tre carcerati a uno, in pochi anni siamo scesi a 1,3 a uno». Bene, ma servono più risorse.