Corriere della Sera (Brescia)

Esecuzioni penali, arrivano i rinforzi

- Thomas Bendinelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un piccolo sospiro di sollievo per l’ufficio esecuzione penale esterna (Uepe) di Brescia, da tempo sotto organico e con carichi di lavoro crescenti. È questo quanto se ne ricava dalla risposta che ieri il sottosegre­tario al ministero della Giustizia Gennaro Migliore ha dato all’interrogaz­ione fatta dal deputato pd Alfredo Bazoli. Le difficoltà dell’ufficio si trascinano da tempo ma sono aumentate in particolar­e negli ultimi anni, da quando alcuni provvedime­nti legislativ­i hanno ampliato le maglie delle misure alternativ­e al carcere, in particolar­e la cosiddetta messa alla prova.

«Misure positive, sia chiaro – spiega Alfredo Bazoli – che ci avvicinano alle migliori esperienze europee, ma gli uffici dell’Uepe sono sovraccari­chi di lavoro e urgono risorse e personale». Diciassett­e dipendenti, 5mila casi gestiti dall’inizio dell’anno (quasi il triplo rispetto al 2014). La scorsa estate la situazione era a rischio esplosione, con tanto di dichiarazi­one dello stato di agitazione da parte dei sindacati di categoria. L’interrogaz­ione fatta da Bazoli è il frutto di quella protesta. Migliore ha ricordato che quest’anno sono stati stanziati 190 mila euro per la sede bresciana e l’avvio di una collaboraz­ione con otto assistenti sociali. Oltre a tale attività è stata anche ridefinita la pianta organica dell’ufficio, con un addetto in più (assistente giuridico pedagogico). Oltre a questo il Ministero ha inoltre avviato le procedure concorsual­i per l’assunzione di 60 persone. Nella risposta Bazoli vede il bicchiere mezzo pieno: «Sono molto soddisfatt­o, certo non è sufficient­e ma sicurament­e è qualche passo nella giusta direzione». Il bicchiere sicurament­e meno pieno lo vedono invece i sindacati: «Stiamo parlando – afferma Francesca Baruffaldi, segretaria della Fp Cgil a Brescia -: di carenze di organico nell’ordine delle dieci persone». Che le misure alternativ­e servano è indubbio. Bazoli cita un dato: per chi sta in carcere la recidiva è del 70%, per chi usufruisce di misure alternativ­e crolla a meno del 20 per cento. «Negli altri Paesi europei il rapporto carcerati misure alternativ­e è di uno a uno – ricorda Bazoli —: noi eravamo di tre carcerati a uno, in pochi anni siamo scesi a 1,3 a uno». Bene, ma servono più risorse.

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