Il ritorno di «Maxi Dolphin» barche progettate dalle «star»
Il cantiere di Erbusco riprende quota dedicandosi alla vela con oltre 300 lavori
È tornata Maxi Dolphin. In realtà, l’azienda fondata da Vittorio Moretti non si è mai allontanata da Erbusco né ha perso la sua sorprendente peculiarità: essere un cantiere nautico in mezzo ai vigneti, capace di costruire – dall’inizio alla fine - barche a vela finite sulle copertine dei mensili specializzati di tutto il mondo e raffinati yacht a motore. Una storia di passione e di qualità, nata nell’87 per costruire Carmen di Bellavista, la barca del patron, disegnata da un genio quale Bruce Farr che sta alla vela come Renzo Piano all’architettura. Ora che la nautica – distrutta dalla crisi generale e dall’era Monti in particolare – sta riprendendo fiato, ecco che il cantiere bresciano esce nuovamente in mare aperto. Al timone c’è sempre Luca Botter, braccio destro di Moretti e iseano doc, cresciuto nella holding e poi «assegnato» alla nautica. In un trentennio ha fatto un grande lavoro, diventando amico di tutti: timonieri, attrezzisti, velai, progettisti. Incontrandoli nelle regate e invitandoli – dai posti più lontani – in Franciacorta, per vedere un cantiere all’avanguardia dove il cuore, la voglia di fare e una bollicina in fresco non mancano mai. Non lontana dall’Iseo patria del grande motore (con marchi quali Riva, Rio, Uniesse), Maxi Dolphin si è limitata a fare una decina di tender – comunque eleganti – per sfrecciare sull’acqua, dedicandosi con successo alla vela: più di 300 imbarcazioni monotipo e una ventina dai 20 metri di lunghezza a salire. Tanto per dare un’idea, a Erbusco sono stati realizzato il primo Wally (yacht Che hanno segnato la rivoluzione nel settore) come le barche per il Giro d’italia, i piccoli Joker e Dolphin come uno dei 30 metri più veloci dell’ultimo decennio: l’FC100, firmato dal duo transalpino Finot-Conq e varato nel 2013. «Per me è il ricordo più importante – spiega Botter – non solo per la difficoltà del trasposto via terra sino a Venezia ma per la costruzione di altissimo livello, basti dire che pesava solo 51 tonnellate, un record. Anche il Viriella (il 117 piedi della famiglia Moretti, ndr) ci ha impegnato moltissimo, ma è stato entusiasmante lavorare con German Frers, il progettista con il dono dell’eleganza». Altri tempi, altri armatori e altri budget, probabilmente. Ma i due progetti in costruzione non sono «robetta». Anzi, in un momento così, bisogna essere bravi a trovare persone pronte a mettere milioni di euro per una barca. Ad aiutare Botter nel rilancio di Maxi Dolphin c’è Giovanni Pizzatti, ingegnere desenzanese con un valido passato agonistico in 420 e 470: entrato dieci anni fa in cantiere e ora è in prima fila nella gestione di un team giovane e talentuoso. «A fine estate 2018, sarà pronto il 73 piedi con il progetto di Mills Design, uno degli studi del momento, e gli interni di Nauta Yacht che è un’autorità del settore – dice Pizzatti – poi sarà la volta del Tender 48 a motore, studiato sempre da Nauta per fare da barca appoggio a un superyacht». I rendering non lasciano spazi a dubbi: sono barche di classe, che non passano inosservate ma sobrie, sicuramente molto veloci che siano spinte da vele o propulsori. A Erbusco, non si perde mai tempo e il conto alla rovescia per i vari è già iniziato. «In verità, non è quello il vero piacere nel costruire una barca. Per me, il massimo è partire dallo schizzo su un foglio di carta – magari a cena – dove insieme all’armatore ci immaginiamo il «suo» yacht, facendo notte per ragionare sul peso, l’albero, il design. È questa scintilla iniziale che dà il via a centinaia e centinaia di ore lavorative per realizzare un sogno» confessa Botter. Bentornata Maxi Dolphin, buon vento.