Belle Époque, Brescia tinta di giallo
«Il brigadiere del Carmine», di Enrico Mirani, alle prese con due casi
Una Brescia stracciona e popolare che brulica fra piazzetta delle Pescherie e vicolo Trabucchello, fra effluvi maleodoranti e sentimenti forti, vite disperate e passioni sanguigne. Una Brescia pigra ed eccitata che si muove a piedi o in bicicletta ma trasecola ogni volta che una Brixia Züst arriva rombante sul Corso e parcheggia davanti al Caffè Roma; un città di provincia che accorre in massa nella brughiera di Montichiari per assistere alle evoluzioni degli aerei che nel 1909 danno vita al Primo Circuito Aereo Internazionale. È la Brescia della Belle Époque in cui le gazzette locali registrano piccoli furti e fatti di sangue, spettacoli di cabaret e caravanserragli in transito, gesta mirabolanti e balli in società.
In questa Brescia di un secolo (e passa) fa si aggira «Il Brigadiere del Carmine», ovvero Francesco Setti, il personaggio uscito dalla penna fluente, dalla fervida fantasia e dalla passione storica di Enrico Mirani, inviato del Giornale di Brescia non nuovo a prove narrative. Questa edita da LiberEdizioni (pagine 224, euro 15) si colloca fra le sue più mature. Due racconti lunghi, a un passo dal diventare romanzo: «La casa rosa» e «Il delitto di via Torre d’Ercole». Due gialli morali in cui il militare che unisce cuore e intuito si misura con una giustizia strabica, forte con i deboli e debole con i forti: «Come se i reati contro la proprietà meritassero un castigo maggiore, in proporzione, rispetto a quelli contro le persone, specie se giovani, specie se femmine».
Setti deve vedersela con piccoli gangster, investigatori che fanno del proprio mestiere un mezzo di arrampicata sociale, manifestazioni di piazza, intoccabili del censo e della politica. Ha le sue storie sentimentali e in qualche caso lietamente erotiche anche se — appena può — preferisce avere «la mente libera da pensieri molesti come il dovere, la legge, l’amore». La topografia cittadina (prima degli sventramenti di piazza della Vittoria) è descritta in maniera accurata, affettuosa. I giornali dell’epoca sono consultati con gusto e acume cavandone episodi strani o strepitosi, come quello del podista Antonio Russich che nel 1908 corse 150 chilometri in 24 ore facendo su e giù lungo via Re Galantuono, oppure la sfida a morra fra nonni vinta nel 1909 da un tal Lelio, 88enne di occhio vispo e mano svelta. Tocchi d’ambiente, episodi minori che danno sostanza alla trama principale che è retta da un autentico giallo. Ci vorranno il fiuto, l’immedesimazione, la sensibilità umana e morale del Brigadiere del Carmine per far venire a galla ogni volta la verità. Non sempre, però, la giustizia.