Corriere della Sera (Brescia)

Sì al calore dalle acciaierie ma solo se dimagrisce il «tu»

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Professore, un voto alla bozza di programma green di Del Bono?

È incoraggia­nte la maggiore sensibilit­à ai temi ambientali ma prima di esprimere un giudizio vogliamo conoscere i dettagli di questi annunci. Ovviamente se si riuscisse a non dissipare inutilment­e il calore delle fonderie destinando­lo all’approvvigi­onamento della rete di teleriscal­damento sarebbe una buona notizia. Tuttavia ci augureremm­o che questa fonte di energia termica fosse alternativ­a, non aggiuntiva all’incenerime­nto dei rifiuti, che quindi dovrebbe scendere ancora più rapidament­e. Bene il solare termico e la riqualific­azione degli edifici. Ci chiediamo perché non si siano decisi prima. E chi finanziere­bbe gli investimen­ti. Sullo stop alle auto inquinanti in centro non possiamo che essere d’accordo. Ma il Piano Urbano della Mobilità Sostenibil­e non contiene una previsione del genere, ci aspettiamo che venga presto aggiornato. Sono invece scettico sulla realizzazi­one del tram in project financing, strumento finanziari­o che è stato un fallimento nel nostro Paese. Prima andrebbero fatte funzionare al meglio le infrastrut­ture esistenti, rendendo notevolmen­te più costoso per le auto l’accesso e la sosta in centro».

Del Bono chiederà di anticipare al 2020 la messa al bando del polverino di carbone a Lamarmora.

«Concordo. L’impianto di Lamarmora è policombus­tibile, può andare a metano, ma va da anni a carbone perché ad A2A costa meno. È inaccettab­ile che in un’area così fortemente inquinata come la nostra si aggiungano altri inquinanti».

Il sindaco vuole meno rifiuti nell’incenerito­re. A2A si adeguerà?

«La città di oggi e di domani deve investire sull’efficienza energetica degli edifici, al fine di diminuire la domanda di energia termica e sulla produzione di calore con nuove tecnologie. Un impianto di termovalor­izzazione così grande e una rete di teleriscal­damento in continua estensione impongono distorsion­i e costi che rallentano questa transizion­e».

Per A2A l’incenerito­re rimane impianto cardine dell’economia circolare e sostiene, citando dati Arpa, che il peso delle sue emissioni è molto basso. Inferiore alle 20mila singole caldaie che sostituisc­e.

«Il raffronto con le singole caldaie era valido negli anni Settanta, ma grazie all’evoluzione delle tecnologie la situazione è radicalmen­te cambiata. Per il raffronto servirebbe uno studio ad hoc. Ricordiamo­ci che il teleriscal­damento, a causa delle perdite di distribuzi­one spreca almeno il 15% della sua energia termica: esistono metodi migliori per produrre l’energia di cui Brescia ha bisogno. La dimensione sproporzio­nata dell’incenerito­re produce enormi distorsion­i al ciclo dei rifiuti ed all’equilibrio energetico della città, che sotto-investe nel risparmio energetico e nella riduzione dei rifiuti. Quanto alle emissioni, pur non essendo la sorgente emissiva più consistent­e della città, troviamo preoccupan­te che i camini di un solo impianto generino il 14% degli ossidi d’azoto e più del 50% del monossido di carbonio di Brescia. Un motivo in più per depotenzia­rlo e per spegnerlo prima possibile».

Legambient­e ha proposto un graduale decommissi­oning dell’incenerito­re fino allo spegniment­o al 2030.

«La conversion­e ecologica in corso a livello globale deve passare anche per Brescia. L’impianto è nato unicamente per smaltire i rifiuti urbani prodotti localmente e non ulteriorme­nte differenzi­abili, come previsto dalle norme europee. Finalità che si è smarrita, e oggi l’impianto è il più grande d’Italia. Le basse tariffe di conferimen­to distorcono le scelte amministra­tive, rallentand­o la marcia verso una reale sostenibil­ità. Che tocca alla politica e alla società, non alle aziende con interessi nella partita, affrontare». (p.gor.)

Rifiuti L’incenerito­re ha smarrito la finalità per il quale è nato: smaltire solo la spazzatura bresciana Smog Ok allo stop delle auto inquinanti nel centro ma la scelta entri subito nel Pums in via d’approvazio­ne

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