L’ATENEO CHE È FRA NOI
La notizia, data ieri dal rettore Maurizio Tira, che l’Università degli Studi di Brescia supererà la soglia dei 15 mila iscritti ha un valore psicologico, formale e sostanziale. Psicologico perché, dopo la flessione degli ultimi anni, questo dato rappresenta una sostanziosa inversione di tendenza, un contravveleno rispetto al rischio di declino dell’ateneo o di una sua marginalizzazione nel panorama italiano. Formale perché l’ateneo cittadino saluta la compagine delle «piccole» università ed entra nel novero delle «medie». Sostanziale perché dice di una presenza che, anche nei numeri, diviene sempre più significativa. Brescia non pensa se stessa come città universitaria e invece, nei fatti, lo è: per la varietà dell’offerta, per la pluralità delle sedi (due atenei, un conservatorio, due accademie), per i numeri. I ventimila studenti dei cinque istituti di formazione superiore sono una presenza vistosa, oltre che una risorsa evidente. Tira ha dato alla cerimonia di ieri la cifra stilistica che gli è propria: niente enfasi, nessuna concessione agli annunci ad effetto, insistenza sul tema della «comunità», apertura a tutte le componenti interne (una rappresentante del personale amministrativo per la prima volta ha preso la parola nella solenne cerimonia inaugurale). Ma sono i dati sulla qualità dell’offerta formativa e della ricerca che dovrebbero aprire gli occhi ai bresciani. L’anno scorso gli insegnanti di questa università «ex piccola» hanno dato alle stampe 1.865 contributi scientifici e nell’ultimo triennio hanno registrato 16 brevetti. Le procedure per la valutazione della qualità della ricerca universitaria in Italia, conclusesi quest’anno, dicono che su sedici aree Brescia è seconda assoluta in Scienze chimiche e terza in Scienze matematiche e informatiche. Quanto alle 145 discipline censite in Italia, in trenta Brescia si colloca nel primo terzo della graduatoria, in venti è nelle «top 5» e in cinque ha il primo posto in classifica. Non è poco. Anche le lamentele sulla scarsa internazionalizzazione meritano qualche riflessione: gli studenti stranieri iscritti continuano a crescere e sono in atto 130 accordi di collaborazione con università e Centri di ricerca di altri Paesi. E il trasferimento tecnologico? L’imminente arrivo dell’Enea e l’accordo con l’Innovation Hub di Aib vanno in questa direzione. E l’occupazione? Il 92% dei laureati magistrali occupati entro un anno non è merce comune in Italia. Brescia, insomma, non aspira ad essere ma «è», già oggi, città universitaria. Dovrebbe ricordarsene, ogni tanto.