Brescia, è crisi vera Contro il Cesena sconfitta che brucia
Le rondinelle non si scuotono nemmeno dopo la sfuriata del presidente Massimo Cellino A Cesena non si accende la luce, prestazione piatta: Castori vince grazie a un gol di Scognamiglio
Tutto ci si aspettava di vedere, a Cesena, fuorché un Brescia impalpabile, sempre timido, incapace di infilare due passaggi in fila e persino di arrabbiarsi quando subisce il gol che sigla la sconfitta per 1-0. Ora ritorna la paura.
Cellino chiama, il Brescia non risponde. Piccolo e a picco, al Manuzzi, in una delle notti più grigie e desolanti della storia recente, che qualche scivolone l’aveva peraltro già regalato. Limitato come il suo avversario, l’undici di Marino. E si sapeva. Ma tutto ci si aspettava di vedere, a Cesena, fuorché una squadra impalpabile, vittima anche di alcune incongruenze tattiche ma sempre timida, mai pugnace, incapace di infilare due passaggi in fila e persino di arrabbiarsi, con se stessa e contro l’avversario. Un Brescia che non ha giocato nè di spada nè di fioretto, si è arreso al gol di Scognamiglio senza riuscire mai a impensierire una difesa che nelle ultime 4 partite aveva subito tre gol di media. Una sconfitta indigeribile. E la classifica precaria del Cesena, da ieri sera poco meno preoccupante di quella delle rondinelle (ora avanti di un punto), è solo il corollario di una crisi ormai innegabile, dove a infastidire pubblico e padrone — i cori dei tifosi hanno seguito lo stesso filone presidenziale — è la totale mancanza di reazione del gruppo davanti alle difficoltà. Il forcing, se così si può chiamare, è arrivato solo in avvio di match sull’asse FurlanBisoli, avanzato a trequartista nel 3-4-2-1; qualcosa è stato imbastito anche nel finale, ma è stato solo fumo contro un Cesena più «castoriano» che mai, schierato con Jallow (veloce, non certo tecnico) come unica punta, lanciato solo in verticale dai compagni, stretti a coorte davanti alla porta di Fulignati, promosso al posto del bresciano Agliardi dopo le cinque scoppole prese nel turno precedente a Empoli.
Marino toglie dal freezer invece Coppolaro e Di Santantonio e mal gliene incoglie: se il primo rappresentava l’unica opzione, il secondo si è ritrovato titolare dopo 4 minuti giocati nelle ultime 13 gare. L’esito è stato prevedibile: fuori condizione e spaesati, sono andati in difficoltà subito, sovrastati dall’irruenza di un Cesena più affine ai diktat celliniani di quanto sia stato il Brescia. La squadra, vittima delle proprie incongruenze, è anda- ta così in ambasce dietro, pur avendo tre centrali di ruolo a marcare l’unica punta; non ha sfruttato la potenziale superiorità a centrocampo, dove Martinelli è stato tra i pochi a salvarsi tornando però a dover interpretare un ruolo (il regista) per il quale è inadeguato. In attacco, l’unico tenore di un gruppo con coristi non all’altezza e altri preparati ma in serata di stecche, è rimasto così solo e senza possibilità di dialogo sul malmesso sintetico del Manuzzi.
Il Cesena l’ha vinta con intelligenza e concentrazione, sfruttando al meglio le armi della disperazione di chi è in zona retrocessione dall’inizio del campionato. Ad esempio un calcio piazzato ben battuto, come in occasione dello stacco aereo di Scognamiglio al 25’, saltato indisturbato sfruttando due blocchi sui quali i difensori di Marino si sono piantati. Da lì, il Brescia non si è più rialzato nonostante il logico inserimento di Machin e Torregrossa, a inizio ripresa, al posto di Ferrante e Di Santantonio. Non è cambiato niente. L’ultima luce è stata a Pescara, un mese esatto fa, con un 3-0 che aveva illuso e stupito. Marino chiude le prime 8 gare da allenatore con 8 punti. Boscaglia, nello stesso periodo, ne aveva conquistati dieci. È un verdetto: la rosa va rivoltata a gennaio. Prima, però, mancano ancora 5 partite. Sono tante, forse troppe. Fanno paura.