Ricerca e formazione: il governo incentiva la maggior autonomia
«Sono d’accordo: alle politiche devono corrispondere le risorse». A dirlo la ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli, rispondendo alle sollecitazioni del rettore Maurizio Tira e rivendicando al contempo un cambio di rotta significativo da parte dell’attuale Governo.
Per la ministra il sistema universitario italiano viene da anni terribili, di tagli continui di risorse che hanno inciso per il 15% sulla riduzione degli organici delle università, il tutto accompagnato da una crisi sociale ed economica che ha generato sfiducia nei confronti del sistema nel suo complesso. Ma qualcosa oggi sta cambiando, secondo il ministro: «C’è innanzitutto un incremento delle risorse complessive, che sintetizzo con un solo numero: nel 2018, rispetto al 2015, l’anno peggiore dal punto di vista proprio delle risorse, il fondo di finanziamento ordinario tornerà a crescere del 6,4%, pari a quasi mezzo miliardo di euro in più; in questo incremento ricordo i fondi straordinari per l’assunzione dei ricercatori di tipo B, solo quest’anno 1300 posti in più».
Non solo, oltre che risorse aggiuntive (anche per il diritto allo studio o per l’orientamento) per la ministra sono anche da valorizzare «alcuni primi e rilevanti interventi di apertura verso l’autonomia responsabile delle università». O, allo stesso modo, i primi vantaggi visibili di una politica improntata sulla valutazione, «con aspetti molto positivi e qualche aspetto negativo, come l’eccesso di enfasi su alcuni indicatori numerici e un appesantimento delle procedure». O, ancora, nelle norme in via di definizione sull’alta formazione e le lauree professionalizzanti, «che ci porta al pari delle migliori esperienze europee», oppure in quelle sulle modalità di assunzione negli atenei. É nel sistema italiano nel suo complesso che si avvertono segnali di inversione di tendenza positivi, con la crescita delle risorse impiegate nella ricerca e nello sviluppo, nel numero di ricercatori e via dicendo. «Non abbiamo fatto una nuova riforma dell’università, ma stiamo valutando cosa è stato realizzato, correggendo laddove serve e sostenendo il sistema con nuove risorse». Il ruolo di Brescia in tutto questo? Per la ministra Valeria Fedeli «molto», e non solo perché sta raggiungendo quella soglia psicologica dei 15 mila iscritti che porta la nostra Statale tra gli atenei di dimensione media. No, per ministra l’ateneo di Brescia (come dimostra anche la quota premiale nei finanziamenti ottenuti) si sta facendo valere per formazione e ricerca e, soprattutto, è inserito in un territorio ricco e desideroso di innovazione e conoscenza.
«Gli atenei sono snodo fondamentale della sfida come sistema Paese, e quelli medi e piccoli consolidano la rete di conoscenza e sviluppo». E questo vale tanto più in un territorio ricco di imprese come quello bresciano. «L’ateneo — ha detto la ministra — è garanzia principale di continuità e conoscenza, garanzia di innovazione costante». Ed è in questo senso che il ministero dell’Istruzione dovrà seguire e sostenere i processi di trasformazione che sono in atto anche a Brescia.
La ministra ha però voluto rimarcare e ricordare anche un altro ruolo per l’università, che non può essere schiacciata solo sull’utile e al «cosa serve» per il sistema economico, ma deve rivendicare anche il suo ruolo di trasmissione di conoscenza, quanto mai «necessaria in questa fase per non essere subalterni ai processi di trasformazione. Memore del suo passato da sindacalista Valeria Fedeli ha anche ripreso e sostenuto alcuni dei passaggi esposti dalle rappresentanti del personale e degli studenti sottolineando la necessità di «un dialogo tra pari all’interno dell’università, ognuno nel proprio ruolo». ( t.b.)
Valeria Fedeli Gli atenei sono lo snodo fondamentale nella sfida come sistema Paese per consolidare lo sviluppo