SANITÀ E RIFORME PIÙ OMBRE CHE LUCI
Il 2018 sarà l’anno della rivoluzione per la riforma sanitaria regionale, l’anno nel quale il principio della presa in carico dei malati cronici dovrebbe diventare operativo. Le premesse, però, non sono delle migliori: si partirà lenti, molto lenti. Forse troppo. A dirlo sono gli attori principali del cambiamento: i direttori generali di Asst e Ats riuniti lunedì attorno ad un tavolo a Palazzo Loggia dalla Fondazione Giorgio Brunelli. Sarebbe già un buon risultato — ha confessato, ad esempio, Carmelo Scarcella il direttore dell’Agenzia di tutela della salute — se dei 364 mila pazienti cronici bresciani almeno il 50% aderisse ad un percorso di presa in carico, stimando che un 25% di quanti hanno una patologia cronica anche oggi di fatto non accedono ai servizi e che un altro 25% preferirà continuare con il vecchio sistema senza approdare ad un piano di assistenza individuale rivolgendosi ad un gestore di fiducia per i suoi malanni. Anche il direttore generale dell’Asst Spedali Civili, Ezio Belleri, non ha nascosto la sua preoccupazione per la scarsa adesione avuta a Brescia città dai medici di base sul tema della presa in carico dei cronici (dovremmo essere abbondantemente sotto il 50%). Il sistema quindi rischia di partire già strutturalmente debole e, dato ulteriormente preoccupante, con scarse possibilità di sviluppo futuro. Il contratto nazionale che governa il lavoro dei medici di famiglia (età media 55 anni, quindi, presto bisognerà anche alzare i massimali degli assistiti per far fronte all’emergenza pensionamenti) si sta rivelando un «capestro» (parole del direttore Scarcella) per la riforma della Regione Lombardia e aver pensato di poter continuare ad operare ignorando questo aspetto rischia di vanificare gli sforzi fatti in questi mesi. La montagna, insomma, nel 2018 potrebbe partorire un topolino. Del resto, lo ha ribadito anche la ministra dell'Istruzione all’inaugurazione dell’anno accademico della Statale di Brescia, «non esistono riforme a costo zero». E la Riforma sanitaria lombarda potrebbe pagare oggi un peccato di ieri: quello di aver rivoluzionato il sistema lasciando invariato il programma di razionalizzazione della spesa che prevedeva blocco del turn over, tagli ai trasferimenti e un sistema che continua ad essere troppo sbilanciato sugli ospedali, sull’assistenza sanitaria per acuti rispetto agli aspetti sociosanitari della cronicità. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, nonostante i proclami che vogliono il territorio al centro, l’assistenza infermieristica domiciliare abbia perso negli anni quasi la metà degli organici mentre la popolazione assistita è aumentata in proporzione alla crescita delle aspettative di vita.