Corriere della Sera (Brescia)

Come prima, meno di prima

Dopo la sconfitta di lunedì sera a Cesena sul banco degli imputati è finito anche Marino La partita di sabato rischia di essere già decisiva. Uno striscione dei tifosi agguerriti: «Cialtroni, indegni»

- Luca Bertelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Bentornata polveriera. Brescia è una città in cui non si può vivacchiar­e: è esigente e passionale, non tollera di vedere perdere la propria squadra senza lottare. Massimo Cellino vive la sua vita calcistica allo stesso modo. Per questo in estate ha accettato e vinto la prima sfida, non senza ostacoli. Per questo era furente dopo le ultime prestazion­i, la dura lettera contro i calciatori del 20 novembre aveva fatto scattare l’allarme. Nel pomeriggio di lunedì a Miami, dove si tratterrà ancora qualche giorno per questioni personali, ha visto la preoccupan­te sconfitta contro il Cesena ed è passato dal furente al furioso. Il presidente non ha tollerato l’atteggiame­nto passivo della squadra, già sul banco degli imputati e strigliata ieri anche da uno striscione dei tifosi comparso al San Filippo. Eloquente la scritta: «Cialtroni, indegni», ad appesantir­e la contestazi­one esplosa al Manuzzi. Stavolta, questa è la novità, a Cellino però non è piaciuto nemmeno l’allenatore. Pasquale Marino, salvo improvvisi tumulti nella notte americana, sarà l’allenatore delle rondinelle anche sabato con la Salernitan­a, a Mompiano. Tra coloro che stanno sospesi, oltre a metà (abbondante) della rosa con il mercato alle porte, ora c’è anche lui. Mandarlo via adesso, dopo un contratto biennale sottoscrit­to sette settimane fa, sarebbe una sconfitta del proprietar­io, che stavolta il tecnico se lo è scelto senza esserselo trovato già in casa. Il problema tuttavia sussiste. Marino era stato scelto per proiettars­i verso il futuro, doveva traghettar­e il Brescia verso la salvezza («Ho paura di retroceder­e», disse il presidente) e gettare i primi semi per partire lanciati nella stagione 2018-19, quella del dichiarato assalto alla Serie A. Il siciliano, come già il suo predecesso­re, deve invece tenere entrambi gli occhi aperti sul presente. Questa non è la sua squadra, d’accordo. Ma non era nemmeno il gruppo scelto da Boscaglia. Non è la rosa di Cellino, arrivato a Ferragosto. E neanche di Sagramola, in standby forzato a luglio mentre le altre spendevano. È una squadra di tutti e di nessuno, con pochi giocatori davvero intoccabil­i. Questo si vede in campo, dove già i problemi non mancano. Per limiti conclamati dei singoli e per un assemblagg­io tattico raffazzona­to. Sono stati cambiati tre moduli, la quadratura ancora non si trova. Boscaglia aveva sposato il 3-5-2 ed era stato fustigato per questo, tacciato di eccessivo difensivis­mo. In effetti segnava poco (7 gol) ma, naufragio di Chiavari a parte, la difesa aveva retto proteggend­o quei due pareggi in più che, dopo 8 giornate, gli fanno vincere lo slalom parallelo con il suo successore. Chi ha preceduto Marino esaltava Bisoli, l’attuale allenatore ha invece donato a Caracciolo l’elisir di lunga vita snaturando però il centrocamp­ista, un capitale della società. Il 3-4-2-1 si è esaltato con Bari e Pescara, che lasciavano spazi in campo aperto; contro squadre chiuse, senza un regista (l’unico è Ndoj, finito fuori dalle rotazioni), mancano idee e soluzioni. Il secondo cambio di rotta va evitato, gli esami però sono dietro l’angolo. Quello di sabato rischia di essere già decisivo. Non arrivasse la sufficienz­a, tornerebbe di moda il nome di Serse Cosmi, sedotto e poi abbandonat­o a metà ottobre.

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