E Mino sfiduciò la Dc
Politica Oggi la presentazione dei discorsi di Martinazzoli. Eccone uno celebre
Dopo la lunga crisi del secondo Governo Craxi il Presidente del Senato Fanfani forma il suo sesto esecutivo, composto da ministri democristiani e alcuni tecnici. Presentan-dosi alla Camera il 20 aprile, Fanfani accenna alla possibilità di elezioni anticipate, mettendola in relazione con le consultazioni referendarie previste per il 14 giugno. Nel corso del dibattito vengono presentate quattro mozioni di fiducia dai deputati Calamida (DP) Martinazzoli (DC) Teodori e Rutelli (PR). Il Governo sceglie che la votazione abbia luogo sul testo proposto dal capogruppo democristiano. Si determina nei fatti un vasto schieramento pronto a votare la fiducia, con motivazioni ed intenti del tutto eterogenei. In tali condizioni, in cui sono venuti a mancare veri interlocutori, Martinazzoli dichiara che «si rende inesorabilmente necessario un gesto reciso»: chiede pertanto al gruppo Dc di astenersi dalla votazione. La mozione viene respinta con 131 voti a favore, 240 contrari e 193 astenuti e l’Esecutivo rimane comunque in carica per lo svolgimento delle elezioni anticipate. Di seguito il discorso del 28 aprile 87 con cui Martinazzoli propone l’astensione sulla propria mozione.
Martinazzoli - Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Presidente del Consiglio, il gruppo della Democrazia cristiana, con l’intervento dell’onorevole De Mita, ha espresso le proprie valutazioni ed ha dato conto delle proprie determinazioni. Non c’è ora da aggiungere altro. Sono mancate, infatti, a nostro avviso, nel confronto parlamentare, domande ulteriori meritevoli di adeguata riflessione. E non sono venute risposte che possano esigere una qualche correzione. Si è consumata, per lo più, una ripetitiva ed esorbitante polemica. Confesso che, a proposito di tante e smisurate parole, non mi viene in mente niente. E sarà anche questo un segno di quella solitudine che andate denunciando con un’enfasi che soverchia di gran lunga la compunzione.
Noi stiamo, in verità, con le nostre non volubili ragioni, con la nostra difficile, ma doverosa coerenza. Non stiamo al gioco, insomma. E ci viene fatto di chiedere, piuttosto, se la vostra gremita ed esuberante compagnia sia, poi, così allegra e spensierata o se non avverta la nostalgia di qualche cosa di impegnativo che la rassicuri. Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì.
Per intanto, rimane una cosa sola da dire: onorevole Presidente del Consiglio, noi abbiamo ascoltato ed apprezzato le sue dichiarazioni e la sua replica e le dobbiamo un tributo di affettuosa gratitudine anche per la lezione di coraggio e di stile offerta a quest’aula, che qualcuno vorrebbe trasformare in un’accademia di sofisti, che è impresa notevole, tanto più quando si accompagna all’invettiva contro Azzeccagarbugli. Ma che cosa è se non un sofisma l’idea di trasformare, quasi per sortilegio, l’eclisse di una maggioranza ed il diniego di un’altra in un nuovo e definibile evento che potrebbe essere tutto tranne quell’autorevole, organica, motivata compattezza che lei, onorevole Presidente, ritiene giustamente necessaria a sostegno di una operosa continuità del Governo? Inchiodandolo su questo paradosso si riesce soltanto a rinnegare l’apprezzabile passato di un’alleanza che, malgrado tutto, ha futuro, a patto che le ragioni di una crisi si vogliano indagare e non addormentare per una sorta di grottesca anestesia.
In ogni modo non siamo condiscendenti e proprio perché vogliamo che tornino i giorni della chiarezza non possiamo lavorare per l’oscurità. Certo, ci inquietano tante improvvide parole, le minacce capziose, le allusioni ambigue, ma sappiamo che c’è in giro sufficiente memoria e buon senso per ricordare, riconoscere e giudicare le intenzioni, i comportamenti e le responsabilità di ciascuno, nonché le parole, quelle di tutti i giorni, non quelle di un minuto; anche questo bizzarro finale di partita, poiché non si riscatta un copione scadente con un estremo colpo di teatro, od evocando la fantasiosa e leggermente estorsiva regia di Marco Pannella.
Noi abbiamo presentato una mozione di fiducia il cui senso, malgrado la concisione della formula, non può prestarsi ad equivoci. Essa tratta della fiducia nel Presidente del Consiglio, dell’adesione alla sua analisi di congiuntura politica, del consenso alle conclusioni che ne ha tratto. Abbiamo compiuto un gesto vero immaginando sensatamente di confrontarci con interlocutori veri. Poiché siamo condotti a constatare che le cose non stanno così e che non ci si vuole più paragonare su una misura di verità, non possiamo avere più dubbi sulla inesorabile esigenza di un gesto reciso. Non ci faremo imprigionare da una finzione.
È dimostrabile che l’astuzia non è illimitata allo stesso modo che è legittimo sottrarsi ad un inganno: se la commedia già mediocre è diventata intollerabile e rischiosa, conviene calare il sipario. Sono costretto perciò a chiedere ai deputati della Democrazia cristiana di astenersi dal voto sulla fiducia al Governo
(Applausi al centro - Proteste dei deputati dei gruppi del PSI e di Democrazia proletaria).
Orgoglio Noi stiamo con le nostre non volubili ragioni, con la nostra difficile ma doverosa coerenza Politica Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì