L’addio ai ghiacci di Michel Comte in una penombra blu
Possiamo realmente comprendere cosa significa la perdita dei ghiacciai? Per rispondere a questa domanda, possiamo visitare in questi giorni, alla Triennale di Milano, la mostra di Michel Comte «Black Light, White Light» che ha messo in scena una rappresentazione concreta e tangibile, estetica e sentimentale sull’impatto del declino ambientale sui ghiacciai e sui paesaggi del mondo. Michel Comte classe 1954 è conosciuto al grande pubblico per la sua brillante carriera nel mondo della moda dalla fine degli anni 70 ad oggi. E nonostante le innumerevoli copertine, campagne pubblicitarie e fotografie memorabili, Comte, odia i luoghi comuni e primo tra tutti l’essere etichettato come il «fotografo delle star» perché a sua detta: «la vita cambia sempre e noi non possiamo limitarci ad un unico ambito».
Appassionato di arrampicata e aviatore che ha osservato da punti di vista privilegiati i cambiamenti ambientali in questi ultimi decenni, Michel Comte ha inscenato a Milano un «addio ai ghiacci» meraviglioso e carico di pathos, ricreando nelle sale, un simbolico angolo di oceano, un piccolo mare nero. Noi spettatori siamo chiamati ad assistere al lento scioglimento di blocchi di ghiaccio irregolari che il fotografo stesso ha plasmato e posizionato. Il lento gocciolare dell’acqua diventa una vera e propria melo- dia che rende l’esperienza artistica totale e permette allo spettatore di immergersi in un tempo sospeso e di fluttuare in una penombra blu. «L’arte contemporanea ci offre la libertà e il potere di parlare di tutti i temi possibili», afferma Comte e aggiunge che «sta a noi perseverare perché quello che immaginiamo diventi realtà. Senza se e senza ma. Perché come insegna Thomas Friedman, la nostra grandezza è data dalla nostra unicità. That’s it».