Corriere della Sera (Brescia)

LE FESTIVITÀ E IL LAVORO

- di Franco Brevini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La mobilitazi­one dei dipendenti di due importanti centri commercial­i tra Brescia e Bergamo contro il lavoro nelle prossime festività, è un fatto importante, che rende visibile un conflitto struttural­e della nostra società. La logica che spinge le proprietà dei due shopping mall a difenderne l’apertura anche durante le feste è ineccepibi­le. È la logica del servizio: 7/24, noi ci siamo sempre, siamo sempre a vostra disposizio­ne. È una logica commercial­mente motivata perché fidelizza la clientela, economicam­ente strategica perché aumenta le occasioni di vendita e quindi il fatturato, culturalme­nte aggiornata perché tiene conto della secolarizz­azione di un’età di crisi della religione, socialment­e avanzata perché non dimentica i single, i nuclei familiari formati da una sola persona, che sono sempre più numerosi nel mondo in cui viviamo. Sennonché questa è solo una delle logiche possibili. Accanto a quella del profitto, c’è infatti un’altra logica, che è quella dei rapporti privati, degli affetti, del piacere di staccare per stare con le persone che per ciascuno di noi sono importanti. Accanto al negotium già i latini sapevano l’importanza dell’otium. Purtroppo questa seconda logica sembra contare sempre meno nel mondo dell’always on, delle tecnologie a cui non permettiam­o di garantirci un momento di disconness­ione. La Rete sempre più pervasiva, gli apparati con cui possiamo fare praticamen­te tutto, l’ufficio in tasca hanno trasformat­o le vite di molte persone in iperprodut­tivistici alveari di api operaie. Ma così facendo, lasciando che la tecnologia ci espropri della nostra esistenza, prescindia­mo dai limiti biologici di homo sapiens, dai cicli di vita, dall’alternanza sonno-veglia e lavororipo­so. Tuttavia il reale continua a esistere ed esiste con tutta la sua incoercibi­le oggettivit­à, con le sue leggi ferree, che qualcuno si illude di forzare con stimolanti e integrator­i di varia natura, il cui esito spazia dalle dipendenze alla depression­e. I lavoratori dei centri commercial­i sanno di essere inseriti in una macchina che non è concepita per le loro esigenze: lo sapeva già Chaplin tra gli ingranaggi di Tempi moderni. Ma hanno anche capito che l’unica opposizion­e possibile è quella di stabilire un limite, limite che certamente è impopolare, ricattabil­e, contestabi­le, ma resta il limite dei nostri metronomi naturali. La loro lotta, di là dalla latitanza del legislator­e, richiama tutti alla necessità di tirare il freno. Del resto quali siano i risultati delle logiche produttivi­stiche ce lo hanno ricordato qualche giorno fa le migliaia di scienziati di tutto il mondo, che hanno sottoscrit­to un appello per fermare la folle corsa verso la distruzion­e del pianeta.

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