Corriere della Sera (Brescia)

Bacini idrici nelle ex cave

- Pietro Gorlani © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La Regione ha approvato la legge che permette di riempire d’acqua le ex cave, per far fronte alla crescente siccità.

La (poca) pioggia di questi giorni non deve trarre in inganno. Da inizio anno nella Bassa è scesa solamente la metà della media storica delle precipitaz­ioni. Il Sebino ha 80 centimetri in meno di lago della media del periodo. Il Garda «solo»35 centimetri in meno. È l’indiretta conseguenz­a dei cambiament­i climatici, che per il futuro porterà ad una crescente riduzione dell’ «oro blu» anche a latitudini storicamen­te ricche d’acqua. Con queste premesse assume tutt’altra valenza la legge regionale approvata l’altro ieri dal Pirellone. Un provvedime­nto che permette di utilizzare le ex cave di sabbia e ghiaia (3mila in Lombardia, 269 nel Bresciano) come bacini di accumulo idrico, proprio per far fronte alla siccità estiva, di cui gli agricoltor­i sono le prime vittime. Una legge chiesta dalle associazio­ni agricole (Coldiretti in primis) e che grazie alla sinergia adottata da tre assessorat­i regionali (Territorio, Ambiente, Agricoltur­a) ha visto la sua approvazio­ne in tempi record. Certo ora serviranno studi idrogeolog­ici precisi per capire dove realizzare le prime trasformaz­ioni. Ma stando a quanto ha detto al Corriere l’assessore regionale Viviana Beccalossi ed il presidente Coldiretti Ettore Prandini, i primi interventi verranno progettati nella bassa orientale, tra Montichiar­i e Carpenedol­o, zona storicamen­te assetata, visto che né le risorse del fiume Chiese né quelle della falda riescono a far fronte alle coltivazio­ni particolar­mente idrovore di mais . Capitolo a parte quello dei costi: Beccalossi ha stimato in circa 3 milioni di euro ogni singolo intervento. Finanziame­nti che verranno intercetta­ti dal piano irriguo nazionale. Ora la legge c’è. «Si tratta di una legge importante – spiega il consiglier­e leghista Fabio Rolfi, primo firmatario della proposta legislativ­a – che si pone l’obiettivo di rendere struttural­i gli interventi di contrasto alla siccità». Quali cave scegliere? «Dovranno avere determinat­e caratteris­tiche tecniche — prosegue Rolfi —ed incassare prima il parere del territorio e dei cavatori. Poi potranno essere adibite a bacini idrici di accumulo dell’acqua piovana, oppure a vasche di laminazion­e, per prevenire i problemi idrogeolog­ici, accumuland­o l’acqua piovana in eccesso o di canali e fiumi a rischio di esondazion­e. Un riutilizzo ecologicam­ente intelligen­te perché spezza il binomio cava-discarica». Anche Coldiretti Lombardia sottolinea — oltre all’urgenza di trovare misure straordina­rie per far fronte alla carenza idrica— la valenza ambientale, visto che si sottrarran­no siti a nuove potenziali discariche. Un progetto che ha visto un primo commento favorevole anche del metereolog­o-ambientali­sta Luca Mercalli. Ha ricordato al

Corriere che anche Torino ha utilizzato una cava dismessa come bacino d’alimentazi­one per l’acquedotto cittadino.

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