Piero Angela: la grande forza della scienza
Oggi alle 18 il giornalista scientifico, grande divulgatore, riceverà il premio «Oso raccontare»
«La scienza ha cambiato il mondo, portando miglioramenti per tutti. Ma la scienza non è democratica. Nel senso che bisogna sempre dimostrare ciò che si dice. È il principio per cui un farmaco, prima di entrare in commercio, deve attraversare molti passaggi». Sono le parole di Piero Angela, 89 anni, giornalista e scrittore, ma anche grande divulgatore scientifico. Tanto che la Fondazione guidata da Giordano Bruno Guerri ha deciso di attribuirgli il premio del Vittoriale nell’occasione della festa «Oso raccontare», che si terrà oggi alle 18 a Gardone. Alla base della motivazione c’è «la capacità di divulgare presso il grande pubblico le questioni più complesse della scienza, della storia e del sapere».
Quello di Guerri è un bel riconoscimento del suo coraggio: lei si sente un pioniere del giornalismo scientifico in Italia?
«Negli anni Settanta realizzavo documentari, poi sono iniziate le rubriche. Eravamo sempre più presenti sulla Rai, tanto che nell’81 è nato Quark. Non ho mai pensato che i miei programmi potessero sostituire la scuola. Sullo schermo noi parlavamo di quello che la scienza porta nella società».
Un tema fondamentale, oggi, sono i cambiamenti climatici: c’è una sottovalutazione della società o della politica?
«L’impressione è che non si abbia una percezione corretta del futuro. Sembra che l’uomo rifletta solo su ciò che vede ora. Serve invece uno sforzo di immaginazione per ciò che accadrà. Le questioni climatiche sono complesse: il clima è già cambiato nel corso della storia, ma oggi c’è un’accelerazione dovuta alla forte immissione di gas serra. L’atmosfera è come un velo molto sottile: più aumentano i gas, più cresce il calore».
Ma a chi dà poco peso ai numeri cosa risponde?
«Io ripeto sempre questa frase: voi sorpassereste mai un camion in curva?»
L’energia è l’altro tema cruciale: serve una convergenza comune dei partiti?
«Oggi la politica è litigiosa e i partiti sono in competizione. Così facendo, perdono di vista i temi più rilevanti, come la produttività. Se oggi esiste il benessere, è merito della tecnologia. La politica non produce ricchezza, deve però almeno saperla distribuire».
Assistiamo all’invecchiamento della popolazione. E l’Italia fa sempre meno figli: che ne pensa?
«L’Italia è un Paese di persone intelligenti, manca però un’intelligenza di sistema. È ancora molto diffusa una cultura prescientifica. Significa che si guardano poco i dati. Spendiamo di più per le pensioni che per le famiglie. Inutile stupirsi poi se nascono pochi figli: è un tema di cui se ne sono sempre fregati tutti. Stiamo andando verso una rottura di quella sequenza che tiene insieme un Paese: scuola, lavoro, pensioni. Oggi ci sono tantissime persone che non lavorano». E questo, dove ci porta? «Spesa sanitaria e pensioni stanno diventando insostenibili. Se anni fa avessimo guardato i dati con oggettività, ci saremmo spaventati prima. È la capacità di lettura che manca».
Forse bisogna insegnarla di più a scuola.
«A ottobre, a Torino, abbiamo dato vita a una serie di lezioni sui problemi della società reale: è un percorso per i migliori studenti dei licei e del Politecnico, la futura classe dirigente. Oltre a me, hanno tenuto lezioni Tito Boeri, Romano Prodi, Raffaele Cantone e tanti altri. È da tempo che volevo fare questo percorso: se oggi è possibile, il merito è di Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo. Quando gli ho parlato dell’iniziativa, gli si sono illuminati gli occhi».