«Rigoletto» in crescendo il cast convince il Grande
Quello in cui si muove il protagonista è un mondo eminentemente maschile, entro il quale le poche figure femminili prendono vita e consistenza grazie al tocco dell’uomo. È originale e coerente l’impostazione registica data da Elena Barbalich a «Rigoletto», applaudito l’altra sera al Grande e in replica oggi. Lo spazio scenico, cupo e opprimente, è definito da alcune strutture metalliche che chiudono i personaggi in gabbia; i costumi di Tommaso Lagattolla, che firma anche le scene, appaiono futuribili, mentre un ruolo importante rivestono le luci di Fiammetta Baldisseri. Dal podio, il direttore Pietro Rizzo offre una lettura tesa e vibrante della magnifica partitura verdiana, tenendo viva la narrazione con un fraseggio duttile e appropriato. Il cast offre una prestazione in crescendo. Il protagonista Angelo Veccia mostra di avere interiorizzato un ruolo tra i più belli scritti da Verdi: il baritono vanta un timbro personale, venato da ombreggiature amare, ed è interprete sensibile. Al suo fianco, la Gilda di Lucrezia Drei, voce piccola ma estesa, agile e di bel timbro chiaro. Il Duca di Mantova di Matteo Falcier inciampa in un paio di acuti (il publico mormora su quello de «La donna è mobile»), ma è convincente per fresca schiettezza di timbro e interpretazione. Su un livello di piena sufficienza tutti gli altri, coro compreso.