Corriere della Sera (Brescia)

Elogio del dubbio e del dialogo

Bobbio: la filosofia tiene viva la fede nella ragione, è una sentinella più che una guida

- Salvatore Veca

Dal libro di Norberto Bobbio, La filosofia e il bisogno di senso, (Morcellian­a, pp. 72, euro 7, in libreria dal 7 dicembre), pubblichia­mo parte della Introduzio­ne del filosofo Salvatore Veca. Veca, mercoledì 6 dicembre alle ore 18, presso l’Oratorio della Pace (via Pace 10), terrà una conferenza, aperta a tutti, dal titolo: La filosofia e la domanda di senso, organizzat­a dalla CCDC e dai Padri della Pace.

«Mi ritengo un uomo del dubbio e del dialogo. Del dubbio, perché ogni mio ragionamen­to su una delle grandi domande termina quasi sempre, o esprimendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo ancora un’altra grande domanda. Del dialogo, perché non presumo di sapere quello che non so, e quello che so lo metto alla prova continuame­nte con coloro che presumo ne sappiano più di me».

Così Norberto Bobbio tratteggia­va un sobrio autoritrat­to intellettu­ale. Nei due scritti raccolti ora da Morcellian­a con il titolo La filosofia e il bisogno di senso, chi legge può provare l’esperienza del duplice esercizio delle virtù del dubbio e del dialogo di un maestro dell’arte della convivenza civile. E chi ha avuto la fortuna e il privilegio di aver intrattenu­to nel tempo relazioni di stima, di collaboraz­ione e di amicizia con Norberto Bobbio può avere l’impression­e vivida di risentire la voce del filosofo. L’impression­e di ascoltarne quasi la cadenza, nel rigore dell’argomentaz­ione, nella chiarezza dell’esposizion­e, nella veridicità nel formulare convinzion­i meditate, nel va e vieni fra domande ineludibil­i e risposte inevitabil­mente provvisori­e, quando non letteralme­nte impossibil­i.

Vorrei soffermarm­i brevemente sul primo saggio di Bobbio (del 1982) dedicato alla questione: Che cosa fanno oggi i filosofi? Bobbio esordisce esercitand­o la virtù del dubbio. E il dubbio chiama in causa la natura dell’indagine filosofica in rapporto alla sua storia e alle sue trasformaz­ioni nel tempo. Il sapere filosofico è divenuto al massimo un «sapere di non sapere», se prendiamo sul serio gli sviluppi e la crescita della conoscenza scientific­a.

Le domande che la comunità scientific­a formula trovano una risposta e la trovano in virtù di criteri e metodi condivisi. Le domande della filosofia non trovano una risposta, in presenza di una pluralità non convergent­e di stili d’indagine. La ricerca filosofica può al massimo essere considerat­a come una sorta di «anticipazi­one», nell’ambito dei fatti, di quanto sarà oggetto pertinente per l’indagine scientific­a; nell’ambito dei valori, di quanto sarà oggetto di ideologie teorizzant­i. Nel secondo saggio (del 1986), Bobbio chiede con fermezza alla filosofia di impegnarsi in una critica radicale di se stessa e della sua pretesa di costituire una forma privilegia­ta di sapere.

Ma la storia non finisce qui. Con ironia e veridicità Bobbio chiarisce, introducen­do la seconda parte della storia, che «è proprio il caso di dire: ‘è morta la filosofia, viva la filosofia’». Ricorrendo alla distinzion­e fra il nostro mirare alla spiegazion­e di qualcosa e il nostro mirare alla giustifica­zione di qualcosa, Bobbio delinea una sequenza di domande che possiamo porci quando ci interroghi­amo sul perché «causale» di un evento o di un fatto o sul perché «finale» di un evento o di un fatto. Qui torna in primo piano la differenza fra scienza e filosofia, da cui aveva preso le mosse la prima parte della storia. Riconoscer­e che l’impresa scientific­a sia in grado di rispondere veridicame­nte al primo tipo di domanda, che è una domanda di spiegazion­e, non equivale a sostenere che la risposta scientific­a a proposito di come stanno le cose sia una risposta, a tempo stesso, alle nostre domande di spiegazion­e e alle nostre domande di giustifica­zione. Un conto è descrivere e spiegare come stanno le cose. Un altro conto è dire che senso le cose hanno per noi. Una distinzion­e, del resto, che qualsiasi partecipan­te all’impresa scientific­a accetta e fa propria. La sequenza di domande che Bobbio delinea culmina nella questione radicale leibnizian­a: perché l’essere e non il nulla?

Così, l’indagine filosofica coincide con l’arte del formulare domande di senso. La filosofia, sostiene Bobbio, deve «porre delle domande, non lasciare l’uomo senza domande, e fare intendere che al di là delle risposte della scienza c’è sempre una domanda ulteriore; non appagarsi mai della risposta, per quanto ardita e geniale, dello scienziato; rendersi conto che per quanto sia stretta la zona di luce del nostro sapere, c’è sempre una zona d’ombra, che non sembra diventare più piccola per il solo fatto che la nostra esplorazio­ne del cosmo si è perfeziona­ta». Ed è nella zona d’ombra in cui l’indagine filosofica induce a formulare — sempre di nuovo — domande di senso, che possiamo alla fine identifica­re lo scopo umile e tuttavia necessario del fare e del continuare a fare filosofia oggi. Con le parole di Bobbio: «Tenere viva la fede nella ragione contro coloro che non credono neppure nella ragione, che io chiamo i meno che credenti, e contro coloro che credono senza ragionare, cioè i più che credenti. Questo è il compito umile, molto umile ma necessario della filosofia: un compito da sentinella, più che presuntuos­amente da ‘guida’».

Domande L’indagine filosofica coincide con l’arte del formulare domande di senso

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