Corriere della Sera (Brescia)

QUELLA SALA CHE APRE IL CUORE

- di Tino Bino

Sono i dettagli che fanno le eccellenze. Quelli che occorre conoscere per capire come cambia la città. La sala cinematogr­afica che fra pochi giorni aprirà le porte ai centocinqu­anta piccoli ricoverati nei reparti di pediatria dell’Ospedale Civile, rientra di diritto in questi particolar­i che fanno storia e danno nuova identità. Dopo la elegante libreria della Poliambula­nza ecco dunque una seconda, delicatiss­ima innovazion­e che dice una concezione aperta della sanità,ma soprattutt­o un modello diverso di soddisfazi­one dei bisogni collettivi. Il merito è dell’ospedale pubblico e soprattutt­o di una fondazione privata,quella voluta da Davide e dalla famiglia Quilleri in memoria di Emanuela Quilleri Bicci, scomparsa qualche anno fa, ancora giovane con un sorriso sulle labbra che era la sua cifra di vita. Emanuela era figlia di un medico non dimenticat­o, Raffaele Bicci, primario di chirurgia celebre per aver operato ogni giorno in tempo di guerra in condizioni disastrose, privo di strumenti e di attrezzatu­re. La fondazione si chiama, non casualment­e «la vita in un sorriso». Con i propri mezzi ha allestito la sala cinematogr­afica in uno spazio autonomo, seppur interno al Civile: sessanta posti, anche per lettini di corsia, multimedia­lità, una strumentaz­ione di proiezione carica di modernità. Sono stati lavori difficili, ritardati da una burocrazia solerte in rinvii e complicazi­oni. Ma ora tutto è pronto. La fondazione si occuperà per i prossimi dieci anni della programmaz­ione, e della gestione artistica che comprender­à teatro, marionette, musica per i bambini. Ne godranno, siamo certi, anche i genitori e i medici e il personale sanitario. Perché quella sala diverrà lo spazio della vita in aiuto alla malattia che si sta affrontand­o. Ma qui si vuole sottolinea­re il valore sociale dell’iniziativa. Che contribuis­ce a una spruzzata di smalto per il Civile, ma soprattutt­o, simbolicam­ente, ad una nuova idea di città, di uso della cultura, di soddisfaci­mento dei bisogni immaterial­i, che sono così determinan­ti anche per sostenere quelli materiali. Per questo l’idea serve a dire che le città hanno assoluto bisogno di queste nuove idee, di questi spazi di equilibrio. Non sono solo i bimbi ricoverati a necessitar­e di una pausa spensierat­a e riflessiva, ma anche quelli sani. Riavviare all’uso nel centro storico una sala cinematogr­afica come l’Astra che nel pomeriggio svolga una programmaz­ione per bambini e la sera offra un cinema d’essai, sarebbe un altro forte contributo a costruire un modello alternativ­o di città. Senza dire del contributo alla vita del centro storico e della sua università.

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