Onofri: gioie e dolori in consiglio ed ecco le pagelle della giunta
«Piattaforma civica resta, al momento un candidato non c’è, ma vedremo»
Francesco Onofri ( foto), leader di Piattaforma Civica, non si ricandida per le elezioni amministrative del 2018. Respinge anche le proposte di candidarsi nella civica di Giorgio Gori in corsa per la Regione. Si toglie qualche sassolino dalla scarpa e dà le pagelle ad assessori e sindaco: alcuni promossi, altri bocciati.
Francesco Onofri non ci sta. Declina con garbo le offerte giunte da centrodestra e centrosinistra di alleanze per la Loggia. Respinge al mittente (con lo stesso stile) le proposte di candidarsi in Regione nella civica di Giorgio Gori. Lascia l’impegno politico-amministrativo in prima linea per tornare – probabilmente – alla presidenza di Piattaforma civica. La quale alle amministrative del 2018 potrebbe disseminare uomini e donne in diverse liste, oppure candidarsi con una lista propria, ma difficilmente correrà con un proprio candidato sindaco.
Avvocato, 59 anni e tre figli (di 22, 20 e 15 anni), candidato senza successo nel 2008, premiato nel 2013 da 6700 voti (7,4% del totale, terzo fra i candidati sindaci) Francesco Onofri annuncia nella maniera più chiara e netta: «Nel 2018 non mi candido. Non mi alleo né con il centrosinistra, né con il centrodestra, né con altre civiche. Di candidarmi in regione poi non se ne parla: sarebbe la classica scorciatoia per prendere un sacco di soldi assumendosi pochissime responsabilità».
Insomma non investe il capitale di credibilità accumulato in questi anni?
«Primo perché un mandato amministrativo basta, l’avevo detto e lo faccio: lascio. Secondo perché gli impegni professionali e familiari si conciliano a fatica con quelli istituzionali. Torno alla mia famiglia, alla mia professione. Il terzo motivo riguarda il nostro movimento: dopo cinque anni in Consiglio il passo successivo sarebbe un’alleanza con i partiti. Ma piuttosto che fare un’alleanza sbagliata è meglio non farla».
Il suo movimento si scioglierà e lei ritornerà a vita privata?
«Io in questi anni ho lavorato perché alle spalle avevo un gruppo organizzato, con la presidente Francesca Sessi, il vice Alberto Arenghi. Potrei tornare a impegnarmi nel movimento, ci sarà un momento assembleare programmatico che lo deciderà e deciderà come interpretare la nostra vocazione. Al momento un candidato sindaco non c’è, in questo caso resta aperto un impegno dei singoli o come lista».
Se la lista ci sarà, che compagni di strada sceglierà?
«È presto per dirlo, quando non si sa ancora chi sarà il candidato sindaco di uno dei principali schieramenti. Noi abbiamo persone stra-preparate per governare questa città. Ma sappiamo che fare l’assessore è un impegno che assorbe molto».
Per lei è tempo di bilanci. Sono più le volte che ha detto sì o quelle che ha detto no alla giunta Del Bono?
«Ho guidato personalmente alcune battaglie delle minoranze: su Brescia Musei, su A2A e le reti. Invece ho votato a favore di tutte le delibere dell’assessore Manzoni, sul Piano di Zona dell’assessore Scalvini, pur avendo alcune riserve, sul sistema della raccolta differenziata, e ho collaborato ottimamente con l’assessore Marco Fenaroli e Francesca Parmigiani per la nascita dei consigli di quartiere».
Cosa non l’ha soddisfatta invece?
«Il ruolo di consigliere comunale. Al di là dei proclami sulla centralità del consiglio, questa non si è vista. Sono arrivate delibere senza preavviso, il Consiglio è stato ingolfato di decisioni, con veri atti d’imperio non già verso le minoranze quanto verso i consiglieri di maggioranza. Il ruolo dei consiglieri è stato mortificato, e questo anche per un deficit di capacità relazionale del sindaco che invece per noi è un elemento fondante».
Insomma lei non vede possibilità di alleanze con questo centrosinistra a guida Del Bono. E con il centrodestra?
«Da quella parte mi sono sentito dire che non ho possibilità di essere un loro candidato perché troppo libero. Un fatto emblematico».
E il grande polo civico con Nini Ferrari?
«Questo potenzialmente sarebbe il disegno più interessante, ma lì scattano le mie scelte personali. Che, sia chiaro, non implicano un giudizio negativo su Nini, che pure ha una storia di civismo diversa dalla nostra».
Con la civica della Castelletti i rapporti sono stati gelidi fin dall’inizio…
«Il civismo si può alleare con i partiti, sia chiaro. E il meccanismo del ballottaggio prevede alleanze in seconda battuta. Però se c’è una qualche identità di vedute non lo scopri all’ultimo giorno».
Che voto si dà come consigliere di minoranza?
«Positivo, anche se 10 non si dà a nessuno. Quando sei lì tante cose che dicevi in astratto le vedi in modo diverso. Il mio liberismo dice che la Centrale del latte andrebbe privatizzata, ma 2,5 miliardi di utili ti fanno riflettere. Su partite giuridiche delicate ho dato consigli utili, come nel caso del mutuo della Cassa depositi e prestiti, ricevendo al massimo un ‘grazie’ a commissione finita. Resta il fatto che di questa amministrazione non si capisce il progetto per la città e per il suo centro. Vorrei ci fosse un ideologo culturale in giunta che sa dove si va a parare».
Vabbé, è l’ora delle pagelle altrui. Chi promuove fra gli assessori?
«Federico Manzoni santo subito, anche se la sua determinazione scoutistica sa essere spigolosa. Ha ringraziato pubblicamente il Consiglio comunale per averlo sostenuto, M5S escluso, per la sua battaglia contro lo shunt dell’alta velocità. In quel caso mi prendo il merito di aver fatto da leader delle minoranze. Sotto il profilo umano, per la cordialità e l’onestà, promuovo Marco Fenaroli, per me una sorpresa positiva dal punto di vista politico. Se i politici fossero come lui la mia terza pregiudiziale verrebbe meno. Promuovo anche l’assessore Scalvini: condivido dal punto di vista teorico la sua idea di sussidiarietà, tenendo però conto che c’è il rischio di sbolognare molto al privato e di dare ai punti-comunità compiti esorbitanti rispetto alle loro forze. Una nota molto positiva aggiungerei per i consiglieri di quartiere, impegnati in prima fila nelle battaglie della quotidianità». Veniamo alle bocciature. «Laura Castelletti è la persona giusta, grande lavoratrice, al posto sbagliato. Idem Paolo Panteghini: un accademico incapace di accettare le critiche, anche se col tempo è migliorato. Preparato ma impolitico. Sull’assessore Fondra mi rimetto al giudizio dei suoi amici ambientalisti, che l’hanno massacrato». La giunta non è finita… «Tiboni: se continuerà a fare l’assessore, migliorerà. Mucchetti: sulla sicurezza nessuno si è accorto del cambiamento con Rolfi. Il ruolo di uomo forte gli si adatta. Morelli: non pervenuta. Insufficienti elementi di giudizio». Resta il sindaco. «Un ruolo ingrato. Il sindaco dovrebbe essere un costruttore di relazioni schiette, anche dure se serve, con la sua giunta, la sua maggioranza e le minoranze. Del Bono ha qualità intellettuali superiori a qualunque esponente della sua maggioranza ma ha dei deficit nelle relazioni e non ha nessuno nel suo partito capace di compensarlo. Il sindaco è un hub di relazioni: se mancano quelle, gli aerei non decollano».
Le pagelle In giunta salvo Manzoni, Fenaroli e Scalvini Castelletti? La persona giusta nel posto sbagliato Il ruolo del sindaco Del Bono ha qualità superiori agli esponenti della sua maggioranza ma ha deficit di relazioni