Selca: la bonifica? La paga il cittadino
Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar, nessun obbligo per curatore e proprietari
Non spetta al curatore fallimentare e nemmeno agli ex proprietari dell’area, diventata un’emergenza ambientale tra le montagne della media Valcamonica, porre rimedio ai disastri. La bonifica spetta all’ente locale, alla Provincia, che è come dire: pagano i cittadini. Lo sostiene il Consiglio di Stato che in una sentenza ha ribaltato le conclusioni del Tar su chi dovesse pagare la bonifica dell’area della ex Selca, la fabbrica di Forno Allione al centro di inchieste e polemiche.
Il Consiglio di Stato gela la Provincia di Brescia: ribaltando la sentenza di primo grado del Tar, ha accolto il ricorso presentato da Flavio Bettoni, Piergiorgio Bosio, Ettore Luigi Vacchina, gli ultimi amministratori della Selca di Berzo Demo, e da Giacomo Ducoli, il curatore fallimentare, contro l’ordinanza emesse da palazzo Broletto nel marzo 2015 che imponeva loro la bonifica dei siti contaminati dall’azienda (fallita a a giugno 2010) attiva nel trattamento dei rifiuti. Non saranno loro a dover rimuovere gli oltre 37 mila metri cubi di rifiuti ancora presenti nell’impianto di Forno Allione. Secondo i giudici il principio «chi inquina, paga» non ha fondamento giuridico normativo; dunque a pagare la bonifica saranno gli enti pubblici con i soldi dei contribuenti.
A dare notizia della sentenza è lo stesso Ducoli: «Per quanto mi riguarda – ammette – è la fine di un incubo. Si conferma che un curatore deve rispondere esclusivamente al giudice fallimentare e a lui non possono essere imputate colpe per la gestione precedente». Ducoli in questi anni nel sito industriale, utilizzando parte dei fondi recuperati dai creditori, ha rimosso le lastre contenenti amianto e rifatto la copertura dei capannoni: l’intervento gli era stato imposto da un’ordinanza del comune di Berzo Demo. Poi, la stessa amministrazione comunale, disponendo di un contributo di Regione Lombardia di 242 mila euro, ha messo in sicurezza i cumuli di rifiuti. «Anche questo intervento – spiega il sindaco Giovan Battista Bernardi – era previsto da un’ordinanza e cercheremo di rivalerci sulla curatela». Rispetto al passato però i rapporti tra il Comune e il curatore fallimentare sono migliorati. Quest’anno Bernardi ha emesso un’altra ordinanza per imporre alla curatela la realizzazione di una barriera in modo da proteggere l’acqua in falda; c’è stato il solito ricorso al Tar, respinto, poi il curatore non ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, apprestandosi a effettuare questo intervento. Quel che di sicuro non intende effettuare è la bonifica del sito, intervento da svariati milioni. Da qui deriva l’amarezza di Bernardi: «Sarà inevitabile che se la prenda in carico la Provincia, quindi tutti noi». Da Palazzo Broletto non arriva nessuna reazione: «Ci è stata notificata la sentenza – si limita a dire il presidente Pier Luigi Mottinelli – e la prossima settimana la analizzeremo».
E i tre amministratori invece? Anche il loro ricorso è stato accolto dal Consiglio di Stato perché il piano di smaltimento da loro proposto a suo tempo non era mai stato approvato dagli enti pubblici. Che qualcosa non abbia funzionato anche in queste sedi era già emerso nel processo a carico di Flavio e Ivano Bettoni, i titolari, assolti dall’accusa di traffico illecito di rifiuti.