«Profughi sfruttati in via Bocchi» denuncia a prefetto e ispettorato
Prima il sovraffollamento, poi le accuse di malagestio dei profughi ospitati a Brescia, stavolta la denuncia riguarda i richiedenti asilo che avrebbero lavorato in nero (e sottopagati).
Sulla cooperativa Ekopra piovono nuove accuse: ad avanzarle è Gianfranco Bignamini, segretario regionale dell’Fsi-Usae, la Federazione dei Sindacati Indipendenti. Nell’occhio del ciclone finisce ancora una volta la palazzina di via Bocchi, a Brescia, dove quest’estate vivevano una cinquantina di profughi (poco più di 30, aveva detto ad agosto la cooperativa). Due di loro, Aluay Efe Kingsley e Okwuokei Christian, avrebbero svolto diverse mansioni per conto della cooperativa che li ospitava: pulizie della casa, preparazione dei pasti, sistemazione dei locali, spesa al supermercato. «Lavoravano per almeno 10 ore al giorno. L’hanno fatto per quattro mesi. Prendevano una miseria e comunque tutto in nero» è la ricostruzione di Gianfranco Bignamini.
Che ha preso carta e penna e ha denunciato tutto, scrivendo all’Ispettorato del Lavoro, alla Guardia di Finanza, al Prefetto di Brescia, al ministro degli Interni e, persino, a Papa Francesco. «È tutto confermato dai prospetti dei turni in nostro possesso e da quattro testimoni. Alla fine – sostiene il sindacalista – questi richiedenti sono stati usati dalla cooperativa». Versione respinta in toto dalla presidente della cooperativa Ekopra, Magda Nassa. Che già aveva scritto alla prefettura di Brescia specificando che i due richiedenti asilo era sì ospiti della casa di via Bocchi, ma «non sono e non sono mai stati nostri dipendenti con rapporto di lavoro subordinato».
La cooperativa precisa che con i due richiedenti asilo, «come con tutti gli altri ospiti, è stato attuato un progetto di formazione lavorativa che li ha coinvolti in mansioni operative all’interno del Centro, affiancati da nostro personale».
Tutto finalizzato «all’inserimento lavorativo futuro» sostiene la cooperativa Ekopra. Per Bergamini, invece, le irregolarità sono fondate. E coinvolgerebbero altri servizi (che non riguardano i profughi) svolti dal gruppo cooperativo anche in altre parti della Lombardia, nel lodigiano e nel lecchese.