Corriere della Sera (Brescia)

Lo sconcerto degli amici «È partito all’improvviso» La mamma: lo rivoglio vivo

- Mara Rodella

È il giorno dell’Immacolata. Nell’abbraccio gelido della foschia di dicembre, in tarda mattinata, le strade di Folzano sono praticamen­te deserte. Un paio di persone sul selciato della chiesa, dopo la messa («abbiamo sentito la storia ma non conosciamo questo ragazzo»), pochissime automobili. Ma basta varcare la soglia del bar dell’oratorio per assaporare l’atmosfera di Natale, tra banchetti solidali, cesti e una partita a pincanello con i bambini. «Vedevo Alessandro passeggiar­e ogni giorno con il suo cane» racconta la signora dietro al bancone. Sospira, si concede un attimo di silenzio. «Vede, prima che se ne andasse lo vedevamo un po’ giu. Non lavorava più ed era giù di corda». La stessa cosa ce la diranno gli amici. «La sua compagna, all’inizio, voleva chiedere aiuto, ma credo che la famiglia le avesse chiesto di mantenere il riserbo sulla vicenda e non parlarne», così come prescritto dagli inquirenti. «Vado a trovare la nonna ogni tanto, ma non mi ha mai parlato del nipote». Alla domanda su che tipo sia Alessandro, la riposta è pressoché fotocopia: «Mi sembrava un ragazzo tranquillo, riservato. Stava con questa persona, pensavamo insomma che avesse trovato una certa stabilità e si fosse, come dire, sistemato». Ma «siamo tutti un po’ scossi, preoccupat­i per questa storia» confidano in tanti.

Qualche centinaio di metri più in là, al «Bar 79» è orario aperitivo. È qui che Alessandro veniva spesso per un caffè, una birra e due chiacchier­e con gli amici. «Quando abbiamo capito che era sparito ci siamo rimasti di sasso», dicono. «Sapevamo che sarebbe partito, nulla di più», ricorda il titolare dietro al bancone. Anche «la sua fidanzata di allora ci ha sempre detto di non aver più avuto sue notizie». Nessun dettaglio sul viaggio o la scelta della destinazio­ne. «Non ha mai spiegato nulla di più». Certo è che «non era un ragazzo che viaggiava spesso, anzi. Ed è partito così, all’improvviso, su due piedi...senza troppe spiegazion­i, una cosa strana, in effetti». Operaio di un’azienda, da tempo Alessandro Sandrini era in cassintegr­azione, e «il fatto di non lavorare più non l’aiutava» dice chi lo frequentav­a: «Siamo tutti preoccupat­i, non riusciamo a spiegarci come possa essere successa una cosa simile, o meglio, cosa gli sia accaduto davvero».

La prima chiamata alla mamma la fece il 4 ottobre di un anno fa, il giorno dopo il suo arrivo in Turchia: «Sono arrivato, tutto ok». Poi il silenzio e l’angoscia per oltre un anno. «Voglio riportarlo in Italia vivo», urla Evelina. «Non so come stia, ma mi ha detto che chi lo tiene prigionier­o potrebbe addirittur­a ucciderlo. L’ho sentito terrorizza­to e molto provato».

La passione per il calcio, la natura, la bici, gli amici e i momenti goliardici in compagnia, Alessandro pare non avesse scheletri nell’armadio. Nessun cenno — da parte di chi lo frequentav­a — a improvvise frequentaz­ioni discutibil­i o idee, affermazio­ni, che lasciasser­o presagire si sarebbe cacciato nei guai. Scoprire cosa l’abbia spinto a raggiunger­e il confine con la Siria è il bandolo della matassa: chi lo aspettava? Gli hanno proposto soldi facili attirandol­o in un trabocchet­to pericoloso più grande di lui? Perché in un anno non si è mai messo in contatto con la famiglia? E come si è mantenuto?

La madre Non so come stia ma mi ha detto che chi lo tiene prigionier­o potrebbe addirittur­a arrivare a ucciderlo Un amico Non era il tipo che viaggiava spesso, anzi È partito all’improvviso senza troppe spiegazion­i o dettagli

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