Ma c’è anche chi ce l’ha fatta: in sette lontano dalla strada
All’emergenza freddo bisogna rispondere in fretta, con pasti caldi e stanze riscaldate. Ma servono anche risposte di lungo periodo, se si vuole strappare alla strada persone che ci vivono da anni per motivi diversi. Nei dormitori i volontari provano ad «agganciare» i senzatetto, ma spesso i tentativi naufragano. Una storia di speranza viene invece dal Rifugio Caritas, 24 posti in via della Garzetta: qui, l’inverno scorso, è partita una sperimentazione che ha già dato i suoi frutti. Tra i tanti homeless passati per l’emergenza freddo, 15 di loro hanno accettato di intraprendere un percorso per cominciare una nuova vita. E di questi, sette hanno abbandonato la strada. Uno ha trovato casa e un impiego stabile, due con problemi di tossicodipendenza hanno accettato di entrare in comunità. È vero, ci sono altri due senzatetto che una residenza ancora non ce l’hanno, ma da mesi fanno lavori saltuari e non vivono più di elemosina. Altri due sono seguiti dai servizi sociali. «Dedicare loro del tempo paga. Se non sono più pressati dalla preoccupazione quotidiana del cibo e del luogo dove dormire — spiega Marco Danesi —, possono recuperare gli spazi giusti per riordinare la loro vita». Per il vicedirettore della Caritas l’idea è dare loro «un futuro. Ma bisogna dedicargli molto più tempo». Danesi è stato tra gli artefici del recupero di alcuni locali dell’ex seminario di Mompiano, poi trasformato in rifugio. La scelta di Caritas è stata quella di ridurre la rotazione dei posti letto (di solito settimanale) per investire tempo e risorse sulle persone che accettavano di iniziare un percorso nuovo. E potevano quindi fermarsi anche uno o due mesi. «Bisogna dar loro un’occasione» spiega Danesi, consapevole che però «non tutti la vogliono». (m.tr.)