Il Papa del dialogo
Quando gli anni scappano a decine, capita di passar in rassegna molti cimiteri: ricordo di aver ammirato, con Mino, la sobrietà di quello della sua Orzinuovi, essenziale nelle epigrafi puramente anagrafiche mentre a un tiro di schioppo i figli dolenti del defunto costruttore di orologi da campanile si premurano avvertire «che continuano la ditta». Costretto dalla professione a frequentare cimiteri e anticamere, Massimo Tedeschi (che peraltro nella sua monumentale, semiclandestina, storia del nostro Consiglio comunale aveva puntualmente ricordato l’udienza) escogita un anniversario quarantennale: molti hanno festeggiato nozze d’argento e messe d’oro; ahimè, 40 mi pare richiami il numero della quaresima. Pochi mesi dopo quell’udienza Paolo VI sarebbe scomparso: col suo struggente pensiero alla morte la presagiva; dopo 40 anni, difficile non leggere quell’incontro come un testamento, un legato testamentario del gladiatore morente alla sua città. In quell’occasione impressionò il suo penoso camminare come su sassolini: ben ricordo in altra udienza i fulmini dei segretari quando mia mamma si permise di dirgli ma santità si sieda, faccia come fosse a casa sua! Sassolini? Era schiacciato da un macigno, il macigno del pontificato. L’aveva conosciuto a 10 anni, ricevuto con la famiglia da Pio X Papa dei bambini, ma anche Papa della crociata antimodernista; nel 1917, ricevuto col suo amico Andrea da Benedetto XV, il Papa che condannò l’inutile strage ed è ricordato da Papa Ratzinger che volle prenderne il nome; nel ’19 ne aveva esaltato l’universale paternità e autorità su la fionda; quindi negli anni 2030, iniziava il difficile servizio dei palazzi vaticani col Papa della conciliazione, Pio XI; infine, prima del servizio pastorale milanese, rose e spine dell’ieratico Cancellierato pacelliano. Nel 1943, tra un sequestro e un falò l’Osservatore romano qualcosa riusciva a dire: un carissimo amico, recentemente scomparso, Giulio Belleri, raccontava che mio padre lo invitava a legger tra le righe. Forse potremmo noi pure, magari rincorrendo i sopravvissuti, arrischiarci a legger tra le righe non dico delle sofferte pagine di Paolo VI, ma di questo libro di Massimo Tedeschi. Forse un Papa che veniva, come Bergoglio, da un altro mondo, potrà cambiare il padre nostro, carta costituzionale del cristianesimo. Papa Montini con fatica direi sovrumana ad un altro mondo ormai si avvicinava, e proprio da questa nuova prospettiva poteva, forse doveva accogliere in Vaticano l’intero Consiglio comunale e stringere la mano a tutti i consiglieri indicando tra i valori del patrimonio ideale del suo popolo bresciano la solidarietà operosa nell’impegno per libertà e giustizia: ma cos’altro è la solidarietà se non un altro nome della carità? Ogni parola, ci insegnavano da bambini, un fatto, e i fatti si concretano nelle persone: a dimostrar che un cristianesimo vivo opera anche per costruire la città terrestre ecco nel suo discorso i nomi, di Giuseppe Tovini e Luigi Bazoli che furono membri de! Consiglio Comunale; e, motivo non soltanto per me di commossa sorpresa, i nomi di Giovanni Maria Longinotti e di mio padre, aspramente divisi per anni da diversa concezione dell’azione cattolica giovanile e della sua autonomia dalla politica. Non mancano, proprio per il loro influsso sulla vita civile, nomi ecclesiastici, a partire dal Vescovo Giacinto Gaggia, noto per avere dopo la marcia su Roma, invitato gli uomini cattolici, a stare in piedi, a stare uniti, per aver vietato ai suoi preti di passar dalla piazza del bigio, per aver ostentatamente disertato il plebiscito per il referendum fascista. Paolo VI ricordava poi i padri gesuiti del Collegio Arici, mgr Defendente Salvetti vicino a suo Padre per la direzione del Cittadino, i filippini Bevilacqua e Caresana, mgr Zammarchi fondatore de La Scuola, don Tedeschi direttore de «La voce del popolo», mgr Bazzani, parroco di Gussago, mancato vescovo per ostilità governativa. Ma avvertiva esplicitamente il rischio di gravissime omissioni: in effetti avrebbe potuto sorprendere il silenzio sul ve- scovo ausiliare mgr Bongiorni, sui fondatori di Congregazioni come Piamarta, Pavoni, Crocifissa Di Rosa, su don Mazzolari e sul suo coraggioso, mite editore Vittorio Gatti, e forse soprattutto su maestri come le fiamme verdi Giacomo Cappellini ed Emiliano Rinaldini. Ribelli? Appunto: Paolo VI certo non ignorava Albert Camus e la sua paura che i cristiani si lasciassero strappare la virtù di indignazione e rivolta che è loro propria, con una condanna tale che mai, un solo dubbio possa nascere nel più semplice degli uomini. Che escano dunque dall’astrattezza, mettendosi di fronte al volto insanguinato che oggi va prendendo la storia. Che c’entra con l’udienza di 40 anni fa? Non possiamo dimenticare che giustamente terrorizzata dal terrore staliniano il c.d. mondo cattolico dietro la Chiesa pacelliana non si rendeva conto di quanto fosse semplicistica una divisione manichea, con la condanna in toto di una parte, e per contropartita tutti gli altri fossero farina da far ostie. (...) Era, è legittima per un cristiano una divisione netta della storia così manichea? Il male della Germania nazista legittimava il terrorismo alleato come arma di guerra?