UN’UMANITÀ DIVERSA
Insopprimibile il desiderio di legami. Perfino la pubblicità fa leva su di esso per risvegliare la consapevolezza di un dato strutturale delle persone umane. La prassi di scambiarsi regali, di condividere cibi succulenti, denota la necessità di risvegliare la consapevolezza che non si può vivere in solitudine. La radicale solidarietà tra gli umani appare, anche solo per un attimo, per prefigurare come debba o possa essere l’umanità che tutti attendono. L’effimera apparizione costituisce un antidoto all’accentuazione dell’individuo tipica della modernità, che ha trovato espressione singolare nel liberalismo politico ed economico. È quasi un sussulto della incancellabile coscienza della comune matrice che, pur dimentica delle lontane ascendenze, la rivoluzione francese aveva evocato nella dichiarazione di libertà, uguaglianza, fraternità di tutti i cittadini. Si tratta di un sussulto poiché dei tre termini programmatici il primo è diventato dominante a scapito degli altri, soprattutto della fraternità. Termine quasi scomparso dalle prospezioni della società futura. Lo si coglie in forma emblematica nelle dialettiche politiche dove chi appartiene ad altro partito è considerato nemico da abbattere, quasi incarnazione del male, che i nuovi messia dovrebbero vincere e presentare al pubblico come trofeo. Paradosso della dimenticanza che il bene comune non può nascere sulle ceneri di cittadini sconfitti. La società futura o sarà frutto del recupero di un’uguaglianza effettiva e quindi di fraternità, o non sarà affatto. Il pallido apparire di tale convinzione nei riti ormai «laici» del Natale potrebbe diventare occasione per recuperare una riflessione critica sugli esiti nefasti della mentalità mercantile, dove la concorrenza, la competizione, la prepotenza diventano programma. La riflessione critica nasce però dalla memoria di ciò che ha dato origine al Natale, in Occidente: l’ingresso nel mondo di un Messia, Dono del cielo, capace di dare avvio a una nuova umanità. Non a caso negli scritti cristiani dei primi secoli Gesù Cristo viene chiamato Nuovo Adamo, cioè inizio di una umanità diversa da quella ereditata dalla storia, segnata da frantumazione, discordia, violenza. Nessuna demonizzazione quindi delle pratiche natalizie, bensì l’invito a coglierne il valore recondito, che resta provocazione da non dimenticare dopo le feste. Per gli antichi celebrare il solstizio d’inverno significava celebrare la sicura speranza di vittoria della luce sulle tenebre. Il Natale non potrebbe essere celebrazione della speranza di un’umanità fraterna?