L’anima soul di Ghemon Il ritorno sul palco
Il concerto in Latteria per presentare «Mezzanotte»
Il nome rimanda al compare del ladro più famoso del mondo, Arsenio Lupin, ma non è il furto la sua arte. Gianluca Picariello, aka Ghemon, è una delle voci più apprezzate dell’hip hop italiano. Dopo il successo di «ORCHIdee» nel 2014, Ghemon torna sulle scene e sui palchi della penisola con i brani contenuti nell’album «Mezzanotte». Appuntamento domani per il live in Latteria Molloy (il concerto inizia elle 22.30, biglietti a 12 euro, info su www.mailticket.it). «Mezzanotte è un album di soddisfazione, ma anche un vero e proprio travaglio visto che esce a tre anni e mezzo da ORCHIdee». Cosa è cambiato?
«Il tour di «ORCHIdee» è stato fondamentale per riuscire ad assimilare il concetto di band. Dopo il tour ho iniziato a pensare come una squadra uscendo dalla dimensione di solista. Mezzanotte è diverso anche per questo: è un disco corale, i suoni si orientano verso la musica soul ed è costruito a più livelli sia dal punto di vista musicale sia da quello testuale. Parla di bilanci, di lotte e rese dei conti, di tensioni continue».
Una svolta soul ma con richiami alla musica italiana. Se dico Pino Daniele?
«Dice bene. Pino Daniele fa parte del mio repertorio, del mio Dna. Ho ascoltato poca musica italiana e, a parte il rap, Pino Daniele e Elio e le Storie Tese hanno formato il mio modo di suonare. Pino Daniele per il verso, la musicalità, l’armonia, Elio per il sarcasmo e l’ironia. Ascolto Pino da quando vestivo come b-boy e scrivevo le prime strofe. Non ho mai pensato di
emularlo, ma inevitabilmente qualcosa del suo modo di raccontare si è sviluppato nei miei testi». Che fine ha fatto il rap in Mezzanotte?
«Si è evoluto. In un modo o nell’altro, la scrittura risente di ciò che mi è successo in questi anni. Potrà sembrare che il mio stile di adesso possa essere assimilato a certa trap contemporanea, ma onestamente non credo che sia così. Anche se in «Mezzanotte» non “rappo” come nei primi mi sento ancora un rapper. E voglio continuare a esserlo».
Molti testi di Mezzanotte descrivono il suo periodo trascorso in analisi e la cura. Come gestisce i commenti di chi si rivede nei suoi brani?
«Male! Ma ho dovuto fare pace con questo lato di me. Incontrare persone che si riconoscono nelle mie storie a volte mi imbarazza nonostante sia esattamente questo il genere di riscontro che ci si aspetta. Mi rende felice anche se è difficile gestire dichiarazioni di questo tipo. Le persone non si espongono in modo generico, quando lo fanno e
raccontano qualcosa di specifico della loro storia ti coinvolgono molto più di quanto potresti aspettarti».
Ghemon è uno sportivo appassionato, ma c’è un sport d’elezione?
«Il basket, più che uno sport è un insegnamento di vita; il basket rimanda al gruppo, al rispetto dell’avversario, alla strategia ma anche
alla voglia di accettare la sconfitta».
C’è qualche collegamento con la sua passione per le scarpe sportive?
«Certamente, direi che tutto nasce in modo collegato: rap, basket, scarpe. Negli anni ottanta e novanta i rapper indossavano le scarpe della stella del basket del momento. Ora è il contrario, i giocatori indossano le scarpe del rapper del momento». Crede nelle collaborazioni musicali?
«Feat e collaborazioni nel rap sono sempre stati la regola e infatti i miei primi dischi erano pieni di ospiti. «ORCHIdee» e «Mezzanotte» sono album troppo personali e per questa ragione ho preferito evitare le collaborazioni. Non credo a quelle operazioni dettate da esigenza di marketing che non aggiungono nulla alla versione originale tranne forse renderla già noiosa». Il suo pezzo preferito di Mezzanotte?
«Sono molto affezionato a «Magia Nera» e vedo che è un pezzo molto apprezzato dal vivo. Il che mi fa pensare che forse di musica ci capisco qualcosa visto che di solito i cantanti si affezionano a pezzi che non si fila nessuno».