Corriere della Sera (Brescia)

Il pizzino ben nascosto con le somme del giro sporco da destinare ai «boss»

- di Mara Rodella © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il testo disordinat­o, in parte scritto a macchina e in parte invece a mano. In alto a destra, su due righe «gemelle», il promemoria: «Camorra:...». Accanto, le somme del giro illecito da destinare agli affiliati malavitosi. Gli inquirenti non hanno alcun dubbio. Sotto, la presunta somma: 84.726,13. Ed «è la prima volta che troviamo un documento simile» dice il procurator­e aggiunto Sandro Raimondi.

Quel preziosiss­imo pizzino di carta, le Fiamme Gialle l’hanno trovato (e non senza fatica) nella sede-bunker in provincia di Napoli, quella con il portone blindato e un complicati­ssimo sistema di videosorve­glianza e sicurezza che l’associazio­ne credeva a prova di forze dell’ordine. E ci sono arrivati anche grazie all’intuito di uno degli uomini della tenenza di Desenzano, che ha partecipat­o alle indagini e ai sopralluog­hi, quelli che hanno portato gli investigat­ori da Brescia fino alla Campania: durante l’accesso e la perquisizi­one negli spazi — elegantiss­imi (con tanto di uffici e sala riunioni) — all’interno del bunker guardandos­i attorno, e volgendo gli occhi all’insù, ha notato che quel soffitto aveva qualcosa di strano. E non l’ha sottovalut­ato. Dislivelli strani, imprecisio­ni sospette: bingo. Aveva ragione. Occultava un soppalco apparentem­ente non visibile. Ed è lì che c’era nascosto il pizzino con gli appunti sulle suddivisio­ni economiche del malaffare. «A dimostrazi­one dei legami di queste persone con la criminalit­à organizzat­a, di stampo camorristi­co in particolar­e» conferma Raimondi. E a prova del fatto che il meccanismo è sostanzial­mente semplice: del tipo «se non sei dei nostri e vuoi lavorare in questo settore allora devi pagare noi» sono certi gli inquirenti.

Dei «diretti contatti» con la Camorra e del fatto che l’associazio­ne per delinquere che aveva scelto il carburante per fare soldi «agisse con il fine di agevolarla» parla anche il colonnello delle Fiamme Gialle Marco Thione: «Perché abbiamo ricostruit­o legami soggettivi tra gli indagati e altre persone già destinatar­ie di misure interditti­ve antimafia» e perché «questo manoscritt­o è la conferma delle cifre da riconoscer­e alla criminalit­à organizzat­a». Tesi di fatto poi accolta e contestata anche dal giudice per le indagini preliminar­i.

L’intuizione di un agente: gli appunti erano custoditi in un soppalco occulto

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