A Bergamo la Dea, ma a Brescia tante divinità
Se nel calcio si impongono gli orobici, la Leonessa vince ai punti il parallelo fra gli sport di squadra
Una rivalità unica, conosciuta in tutta Italia. È diventata un’ossessione per molti, sia a Brescia sia a Bergamo. L’Atalanta consegnò una maglia a Roberto Baggio a fine carriera, durante una visita al centro sportivo di Zingonia per il corso allenatori della Federcalcio. E i tifosi delle rondinelle gonfiarono il petto: «Lui ha indossato solo la nostra, un campione così non lo avete mai avuto».
Gli altri, di rimando, ora non perdono occasione per sottolineare i rendimenti antitetici delle squadre sulle due sponde dell’Oglio.
La Dea sta conoscendo il suo momento di massimo splendore, convince (e vince) in Italia e in Europa, ha una proprietà forte e bergamasca, a breve avrà un nuovo stadio; le rondinelle stentano, combattono da anni per non retrocedere in C, hanno cambiato il terzo presidente nelle ultime quattro stagioni e il salvatore è arrivato dalla Sardegna, attendono (con pessimismo) il nuovo Rigamonti come un eterno Godot.
Ma non di solo pallone vive l’uomo e l’appassionato medio di ogni città. O meglio, non di solo calcio. Perché, se nella disciplina leader è Bergamo a imporsi in modo netto nel derby a distanza in modo netto, Brescia vince ai punti il parallelo negli sport di squadra. Più ricco, più variegato e competitivo l’insieme delle formazioni con il logo della Leonessa tatuato sul petto o espressioni di una provincia laboriosa: ogni riferimento al Rugby Calvisano, campione d’Italia in carica e con sei scudetti in bacheca, non è casuale.
Solo nella pallavolo e nel basket femminile, ma in questo caso è un derby tra poveri, gli odiatissimi cugini mostrano la targa ai rivali di sempre. E, se nel volley maschile la lotta è serrata e entusiasmante con Caloni e Centrale del Latte in cima alla Serie A2 con la promozione a portata di mano, la lunga epopea della Foppapedretti al femminile ha lasciato il segno.
Per un decennio, ha dominato in Italia (8 scudetti) ed Europa (7 Champions League). Lo sport è però una ruota che gira e le orobiche ora rischiano addirittura la retrocessione in A2, dove la rampante Savallese Millenium è in netta ascesa, ispirata dalle luci del Pala George in cui ha scelto di giocare.
Le eccellenze sportive bergamasche, di fatto, si esauriscono qui: Atalanta e Foppa. Per contro, Brescia ha cinque formazioni ai vertici delle classifiche nazionali ed è stata in grado quest’anno di aggiungere la Germani (basket) e Cologne (pallamano) al solito terzetto costituito da calcio femminile, pallanuoto e rugby cui ha attinto per collezionare i suoi 10 scudetti: due quelli delle ragazze del presidente Cesari, uno quello dell’An, storico al pari del tricolore della Concordia nella palla ovale del 1974-75 cui si è poi aggiunta la sestina di Calvisano nel secolo in corso.
Un’annotazione speciale la merita l’exploit della pallacanestro che, nonostante il primato perduto domenica a Torino, sta facendo vivere alla città un sogno collettivo parso a molti un orgoglio cittadino e, allo stesso tempo, uno scudo da esibire di fronte agli sfottò di Bergamo, che nel basket invece annaspa e combatte con Orzinuovi nei bassifondi della A2.
Qualche calciofilo di ferro è diventato appassionato della palla a spicchi e l’improvvisa infatuazione per il gioco trae origine dall’inebriante elisir d’amore che solo la vetta della classifica, unita ai titoli a nove colonne di quotidiani e tv nazionali (il basket maschile è senza dubbio il secondo sport a squadre d’Italia, per seguito mediatico e nei palazzetti), sa dare. È un comprensibile afflato di gloria per chi vive in provincia. Saper stare al fianco delle proprie squadre anche nei momenti negativi, senza irrorare la propria passione solo con le vittorie, è la prossima sfida culturale che attende entrambe le città. Ma una cosa è certa: a Brescia c’è più sport di vertice, basta saperlo cercare. Basta volerlo conoscere.