Clerici, addio al maestro dei campioni del Brescia
Il più grande talent scout del calcio bresciano si è spento all’età di 75 anni. Andrea Pirlo, il fiore più bello della sua Voluntas, lo ha ricordato commosso: «Sei stato un insegnante di calcio e di vita»
La formazione dei talenti scovati da Roberto Clerici in giovanissima età, sino a qualche anno fa, sarebbe stata da Champions League: Pirlo, Bonera, Baronio, Bonazzoli, Diana, i Filippini, Volpi, Agliardi o Leali tra i pali (e aveva segnalato al Brescia anche Donnarumma). Ieri il «maestro», un secondo padre per tanti calciatori della nostra città, si è spento a 75 anni. E il Maestro Pirlo ha ricordato il suo mentore: «Mi hai insegnato a vivere».
Roberto Clerici è stato uno degli uomini simbolo della città, non solo del mondo del calcio. Il suo nome un marchio di origine controllata nel mondo, le sue squadre facevano tornei solo all’estero (in America o in Svezia, dal suo amico Gunnar Gren che fu una delle tre colonne dello storico GreNoLi) «perché il carattere di un ragazzo — raccontava — si rafforza quando rappresenta l’Italia». Se un giovane talento era stato scoperto da lui, aveva senza dubbio delle qualità. Nella Voluntas, la sua vita, il suo giardino, è cresciuta una fetta consistente della Brescia pallonara. Erano tutti figli suoi e da ieri sono rimasti orfani. Il mister, «Roby» per gli amici più stretti, se ne è andato dopo una breve malattia, all’età di 75 anni. Domani, alle 10.30, verranno celebrati i funerali nella parrocchia dei Cappuccini - Sacro Cuore di Gesù, partendo dalla Domus Salutis dove è allestita la camera ardente. Clerici è stato un giocatore, un allenatore, un talent scout. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nominò persino Cavaliere per meriti sportivi. E allo stesso tempo un imprenditore nell’azienda di famiglia, la Afis, specializzata in arredamenti per il bagno. Ma è stato in primis un maestro, con la «emme» minuscola dato che quella «maiuscola» se l’è presa Andrea Pirlo, il fiore più bello della sua Voluntas, che ieri lo ha ricordato così: «I tuoi insegnamenti di calcio e vita mi hanno sempre accompagnato, per me è stato un onore e una fortuna averti così vicino». Clerici era un allenatore severo, quasi militaresco con i suoi allievi. La carota era usata solo lontano dal prato verde, con gesti da persona sensibile, diversa da quell’immagine da burbero che poteva dipingere chi osservava i suoi allenamenti. «Non diventerete mai dei calciatori», diceva a tutti per spronarli ed evitare che volassero alto. Pirlo compreso, si intenda. Con lui come con Agliardi, Bonera, Acerbi, Diana, i gemelli Filippini, Baronio, Corini, Volpi e Bonazzoli, l’ideale top 11 della sua vita con una lunga panchina. Due le parole guida: disciplina e pallone. Il riscaldacopre mento si svolgeva palla al piede e durava pochi minuti, poi si passava alla partitella (una cioccolata calda era il premio), «solo così — diceva — i bambini imparano a giocare». I campi del centro sportivo San Filippo li aveva fatti costruire lui convincendo i Padri della Pace. Ora il Brescia, dove faceva convogliare i suoi migliori prospetti (la Voluntas le categorie fino ai 14 anni), da qui se ne sta andando. È un beffardo segno del destino. Ma è anche la diapositiva di un calcio che ha smarrito il gusto per la progettualità, dove gli arrampicatori di panchine hanno preso il sopravvento sui maestri. Da ieri, il migliore allena in cielo.