Corriere della Sera (Brescia)

La cultura austriaca nell’opera recuperata di Aldo Giorgio Gargani

- Nino Dolfo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un prezioso gioiello della microedito­ria bresciana, che recupera debitament­e alcuni saggi di un grande filosofo scomparso (Aldo Giorgio Gargani, 1933-2009) in un’epoca come la nostra in cui i continui richiami alla memoria generano spesso smemoratez­za, e nel contempo ci porta nella «sala macchine» dell’ Infelix Austria, terra di costruttor­i ma anche di demolitori. «L’arte di esistere contro i fatti. Thomas Bernhard, Ingeborg Bachmann e la cultura austriaca» (Lamantica Edizioni, pp. 168, sip) parte dal pensiero seminale di Ludwig Wittgenste­in, di cui Gargani è stato accreditat­o, finissimo interprete e il cui impegno speculativ­o era orientato a liberare il sapere da ogni forma di conoscenza dogmatica. La dissoluzio­ne dell’epistemolo­gia è secondo lui il tratto distintivo della letteratur­a austriaca. La pretesa della cultura di raggiunger­e la verità è infondata, perché ci sono cose che non si lasciano dire. Come già Wittgenste­in, «anche Bernhard ci dice che la nostra comprensio­ne è soltanto una forma di cecità rispetto alla nostra incomprens­ione». E di Bernhard, scrittored­rammaturgo indigesto in un mondo che predica e invoca la sostenibil­ità, grande allo stesso livello di Kafka e Beckett, rognoso come una vespa per la contegnosa società austriaca intenta a rimuovere il suo passato nazionalso­cialista (a Brescia il suo teatro è stato rappresent­ato da Cesare Lievi e Franco Branciarol­i per il Ctb; Francesco Permunian lo addita a maestro, uno dei pochi giganti senza nani sulle spalle) Gargani, testi alla mano, offre piste illuminate di analisi e lettura. Di fronte all’insensatez­za della vita, non rimane che pensare contro e la scrittura — commenta Gargani — «è l’istante nel quale l’uomo, che è creatura finita, si misura con l’infinito e con l’eternità», proteggend­osi dalla follia e dalla morte. Sempre di grande acume le pagine su Ingeborg Bachmann. Anche in questo caso, Wittgenste­in offre il retroterra d’appoggio filosofico (senza dimenticar­e Musil, altro cardine del pensiero). Per la poetessa austriaca l’infelicità è il fattore che caratteriz­zale relazioni umane e la società è il più grande teatro dei più incredibil­i crimini, che restano ignoti per sempre ai tribunali di questo mondo. Mondo che rimane brutale, ma in cui la scrittura «è la condizione della salvezza umana e quell’atto poetico che è anche la ripetizion­e sostitutiv­a del mito della creazione del mondo».

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