Corriere della Sera (Brescia)

FRAMMENTI DI UNA STAGIONE

- di Tino Bino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La cronaca si fa storia, come è giusto. Le pagine di Franco Gheza e Maurilio Lovatti che ricostruis­cono l’esperienza politica e sociale del circolo Miche Capra, in un volume presentato ieri, sono un tuffo nella memoria di una stagione che vide la politica bresciana carica di primati e di prestigio nati da duri contrasti, da intense passioni, dal prevalere, dentro la società, di quei corpi intermedi che sono il presidio e la crescita della vita democratic­a. Erano gli anni dello sviluppo, della città che si espande e poi del primo ripiegamen­to, della disgregazi­one, l’arrivo del terrorismo di destra e di sinistra, e il qualunquis­mo, il rifugio nel privato, il dominio dell’individual­ismo. Il «circolino» di vicolo San Clemente è un romanzo di formazione, l’idea di un riscatto sociale delle classi popolari, la gestione dell’amministra­zione pubblica, e la presenza civile come elemento di coesione della vita sociale. Quel gruppo, da cui uscirono parlamenta­ri, sindacalis­ti, aclisti, amministra­tori pubblici, uomini di quartiere, era una delle molte anime del mondo cattolico bresciano ed aveva il suo epicentro, il suo riferiment­o alto nella vita di una grande fabbrica, la Om che con le sirene dei suoi turni dettava gli orari e le stagioni della città. La domanda è: cosa resta di quella stagione, dentro la storia della città. Restano i frammenti di una esperienza. Alla quale è giusto guardare per capire quanto grande sia stata la trasformaz­ione della vita politica bresciana, quanta distanza separa quegli anni cosi intensi, così pubblici, qualche volta feroci, ma esaltanti, dal grigiore, dalla indifferen­za, dalla neutralità della politica di oggi. Ma soprattutt­o segnala i due pilastri, i due elementi che diedero radici alla democrazia capace di reggere, come resse, gli urti della disgregazi­one, dalla strage di piazza della Loggia al brigatismo rosso, Il primo elemento di qualità era la presenza radicata e radicale dei corpi intermedi della vita democratic­a: i sindacati,i quartieri,i circoli culturali,i movimenti come le Acli, le associazio­ni di categoria, il peso degli ordini profession­ali. Il secondo pilastro era la partecipaz­ione individual­e, per dirla meglio, la coscienza della responsabi­lità personale. Non furono certo anni facili quelli del circolino. Ma la città era carica di energie che si formavano in quelle esperienze. E quelle esperienze nutrivano quei due pilastri della democrazia che oggi sono poco presidiati ma ai quali dovrà tornare a rivolgersi una vita collettiva che aspira al futuro.

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