Bufera Cellino Marino lascia Pronto Boscaglia
Cellino arriva a Brescia e medita il ribaltone. Esonerato Pasquale Marino, richiamato Roberto Boscaglia: è in città e oggi può dire sì La rottura con il tecnico, dopo il ritiro a Latina, figlia di divergenze sul modulo e sul mercato
Nel suo primo giorno a Brescia, dopo il ritorno natalizio da Miami, Massimo Cellino ha dato vita a uno dei suoi tradizionali colpi di scena. Inaspettato per tutti. Perché l’esonero di Pasquale Marino, che dovrebbe divenire ufficiale oggi, non se l’aspettava nessuno. Nemmeno Roberto Boscaglia, richiamato in città dalla società con cui è ancora sotto contratto. Stamane incontrerà Cellino, nel pomeriggio potrebbe dirigere l’allenamento al San Filippo, 97 giorni dopo quello che parve un addio ma era (forse) solo un arrivederci.
Con Massimo Cellino, il coup de theatre è dietro l’angolo. Sempre. Il presidente, stavolta, ha però lasciato a bocca aperta tutti. Inclusi i diretti interessati, Roberto Boscaglia e Pasquale Marino. Ossia il nuovo e l’ex allenatore del Brescia, se oggi verrà completata l’ennesima inversione a U di una stagione iniziata rincorrendo e vissuta poi pericolosamente. Troppo.
Di qui la volontà di esonerare ieri l’allenatore uscente, lecito per i numeri — un punto a gara, media da retrocessione — ma non con queste tempistiche. Arrivato alle 20.18 in sede, ha parlato per circa 90 minuti con il proprio datore di lavoro ma la frattura, nonostante le parole di Nicola Salerno all’uscita («Esonero? Al 50%, i rapporti restano cordiali » ) . Non si è ricomposta. Mentre stamattina cercherà la riappacificazione con il tecnico rientrante, da ieri sera in città, 97 giorni dopo l’addio. Eppure non è stato del tutto un fulmine a ciel sereno quello di ieri, nella prima (lunga) giornata trascorsa a Brescia da Cellino che aveva fatto ritorno domenica sera da Londra, dopo il soggiorno natalizio a Miami. Alle 10, quando è arrivato nella sede di via Ferramola, ad attenderlo c’era già il quadrumvirato tecnico: i due direttori sportivi Nicola Salerno e Paolo Cristallini e i loro collaboratori Francesco Filucchi e Simone Dallamano. Se ne sono andati solo a tarda sera, con il futuro ancora da scrivere. Una lacerazione nei rapporti tra presidente e staff ( tecnico e societario) era emersa già nel weekend, mentre la squadra stava completando il ritiro di Latina, avallato da tutti come antidoto alla crisi. Cellino al telefono aveva più volte sbuffato per i mancati arrivi, promessi peraltro all’allenatore. E per le mancate cessioni, fondamentali per ripartire senza zavorre. Covava nel frattempo il malessere verso il tecnico, che aveva deciso di virare sul 43-3, modulo richiesto dal proprietario ( senza risposta) quando in panchina c’era Boscaglia. Il quale invece — una delle incongruenze del complicato groviglio — è stato richiamato alla base anche (è sotto contratto e va ricordato) proprio per la sua fedeltà al 35-2, il sistema di gioco che ai piani alti di via Ferramola è ritenuto idoneo per traghettare la squadra alla salvezza.
Il Brescia si ritrova al punto di partenza, chiamato a una corsa ad handicap come ad agosto, proprio quando era atteso invece a guidare il gruppo. Per questo, nonostante i contatti delle ultime 48 ore con Domenico Di Carlo, Cellino ha scelto di tornare al passato. Lo ha fatto d’impulso, seccato dalla divisione ideologica con un allenatore che aveva scelto. È una sconfitta sua, questa. Ha messo alla porta un uomo cui aveva fatto da scudo, spostando il mirino sui giocatori dopo qualche sconfitta urticante. Ha richiamato chi aveva salutato senza convenevoli perché ha paura di retrocedere, la stessa con cui motivò la separazione da Boscaglia. Tre mesi dopo, scivolato in piena zona retrocessione, è più spaventato (e arrabbiato) di prima. Non vuole più prendere dieci in pagella, cerca il sei. Ha scelto così la strada meno rischiosa, ma i pericoli restano. Sono quelli di un avvio di campionato da separati in casa, con la metà del tempo disponibile. Il colloquio di stamane non potrà, comunque vada, eliminare le scorie del passato.