Lo scivolone e il preludio dei «forconi»
Chi ha visto Fontana ieri mattina, subito dopo il montare dello tsunami mediatico innescato dalla frase, lo descrive come seriamente scombussolato dall’accaduto. E certamente, la sua storia personale parla di un uomo delle istituzioni lontano da estremismi: a suo tempo, da presidente del Consiglio regionale, ha ricevuto le congratulazioni per l’equilibrio dimostrato anche dagli avversari. Così come la sua misura è stata apprezzata durante i due mandati da sindaco di Varese. Però, la campagna elettorale per la Lombardia è una brutta bestia. Non è una scena locale, ma nazionale. E l’election day, con la politicizzazione estrema della competizione, non aiuta Fontana a muovere i suoi primi passi da candidato sotto a questi riflettori. Anche se forse la politicizzazione gli sarà utile per la carica che imprime agli elettori. Il fatto che la sua notorietà sia ancora in parte da costruire potrebbe averlo spinto a pesare poco le parole. E certo, l’essere in onda su
Radio Padania non gli ha impresso la cautela per cui è noto. C’è un altro indizio: anche domenica scorsa, forse cercando un titolo mediatico, se ne era uscito con un «dovremo andare a Roma con i forconi». Ma il puntare a una notorietà che acquisterà comunque non dovrebbe spingere Fontana ad affermazioni che poi lo costringano alla brusca retromarcia. E magari, non ci sarebbe stata male una parola di scuse nei confronti di coloro le cui famiglie hanno pagato un prezzo tragico a concetti come quello della «razza». mcremonesi@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA