Il lato oscuro di Pinocchio al Teatro Sociale
Christian La Rosa al Sociale nel ruolo del burattino: «È un racconto dalle suggestioni malinconiche»
Non una favola per bambini, ma per tutti coloro che mantengono dentro di sé una quota di bambino. Debutta stasera al Sociale per la stagione di prosa del Ctb il «Pinocchio» di Antonio Latella, regista sommo che usa il profondimetro, quando mette in scena un testo. E quello di Carlo Lorenzini detto Collodi è un classico tradotto in più di 240 lingue, una delle grandi opere della letteratura italiana che non si finisce mai di leggere. Una produzione del Piccolo di Milano, in cui il ruolo del burattino più famoso al mondo è interpretata da Christian La Rosa, attore rivelazione e Premio Ubu under 35.«Al di là delle esperienze infantili, Pinocchio — ci dice La Rosa — è un racconto dalle suggestioni ruvide e malinconiche. È una favola per adulti, come tutte le favole universali che crescono insieme a noi. Leggerlo poi dai 30-40 anni in su, con occhi disincantati, procura emozioni anche inquietanti. È un viaggio verso la responsabilizzazione, un romanzo di formazione».
Crescere significa perdere l’innocenza, ovvero conoscere il dolore e la menzogna. Anche il teatro del resto, come la letteratura, è arte della menzogna. Pinocchio affronta un tema importante come quello dell’ambiguità, o no?
«Certo. Non è un caso che la prima cosa che il nostro burattino incontra appena uscito di casa è un teatro. Pinocchio vive in un mondo di finzione, lui è bugiardo, impara presto a mentire. Mentre la bugia mantiene un sot- tofondo innocente, la menzogna è una bugia incancrenita, che si è fatta abitudine. Il teatro con i suoi travestimenti ha confidenza con la menzogna. Il Gatto e La Volpe infatti sono due abilissimi attori, perché fingono di essere uno zoppo e l’altro cieco. Pinocchio è un festa del metateatro». Anche Geppetto è un bel bugiardo.
«Geppetto è il primo portatore della bugie perché è lui che si convince che questo burattino può parlare e portargli fortuna e denaro. Non è certo un padre che ha deside-
rio di paternità, ma un padre che vuole un burattino per guadagnare un tozzo di pane e un bicchiere di vino». Una favola nera, dunque?
«Quelli di Latella sono spettacoli stratificati. Pinocchio rimane in bilico tra reale e fantastico, tra la vita e la morte. C’è un lato oscuro che si evidenzia dopo l’impiccagione. La favola, si sa, inizialmente si concludeva con la morte di Pinocchio. Poi Collodi lo resuscitò su pressione dei bambini. Pinocchio è un archetipo della nostra cultura e nel libro non manca anche una critica sociale. Scritto vent’anni dopo l’unità nazionale, ci mostra una giustizia amministrata dalle scimmie. Tirate voi le somme».
Repliche fino a domenica.