Stefano Bollani sorprenderà il Grande
Domani il Teatro Grande ospiterà uno tra i jazzisti italiani più famosi. Anzi no. Ma non per la fama dell’ospite, quanto per la qualifica: Stefano Bollani è, piuttosto, autentico uomo di spettacolo. Aspetto della personalità che lo accomuna a grandi jazzisti del passato. Il virtuoso pianista fiorentino — che tra gli altri ha suonato al fianco di Pat Metheny, Bill Frisell, Lee Konitz, Gato Barbieri e Chick Corea, ma ha anche accompagnato Jovanotti, Raf e Irene Grandi — è pure scrittore di romanzi e saggi; conduttore televisivo; protagonista di programmi radiofonici; coautore di spettacoli teatrali; concertista con orchestre dirette da mostri sacri del podio quali Daniel Harding e Antonio Pappano; cantante e impagabile intrattenitore.
Come fa a gestire questo esuberante eclettismo?
«Non lo gestisco, me ne lascio travolgere. Mi arriva un’idea e la butto fuori, qualunque sia l’ambito artistico, anche se il campo prediletto resta la musica. È un linguaggio che si può utilizzare senza pensarci troppo e comprendere anche senza grandi ragionamenti. Il solo pulsante di stop che mi ferma è il timore di fare qualcosa che in seguito non mi piacerà più. È un pulsante che sino ad ora ha funzionato».
In musica è onnivoro, ma si può dire che al cuore della sua espressività sta
la canzone?
«La canzone mi affascina perché è un piccolo racconto che in forma brevissima riesce a sprigionare una magia unica. Le composizioni di McCartney, Carosone, Modugno, Capossela sono miracoli d’energia espressiva concentrata in un pugno di minuti».
L’avanguardia più radicale vibra meno nelle sue corde, malgrado Enrico Rava sia stato il tuo principale mentore.
«Enrico andò a New York negli anni Settanta a cercare una musica unica, massima espressione di quei tempi, ma io sono cresciuto in un’altra epoca, con altre musiche».
Con Chailly ha inciso Gershwin e Ravel: quale le è piaciuto di più?
«Gershwin: il primo amore non si scorda mai. Per il concerto di Ravel ho dovuto studiare molto, ascoltarmi decine d’interpretazioni — cosa che non si dovrebbe fare — prendendo lenzuoli di appunti. Le mie preferite? Martha Argerich e Benedetti Michelangeli, ma ho cercato di non imitare nessuno, di dargli la mia voce. Come un attore: se imiti Gassman fallirai certamente».
Gi o ve d ì Brescia ospita un altro piano solo, quello di Franco D’Andrea.
« Franco è uno dei miei eroi di gioventù. Musicista unico, dotato di un ritmo interno meraviglioso. Vola sopra le strutture musicali. Lo invidio molto».
Un musicista con cui vorrebbe suonare?
«Tom Jones. Alla sua età ha ancora tutto: voce, tiro, energia. Mi piacerebbe scrivergli una canzone».
La fantascienza è un’altra sua passione. L’anno scorso è stato ristampato il Golden Record, il messaggio agli alieni spedito dalla Nasa con il Voyager. Che musiche ci avrebbe messo?
«Bisogna fare molta attenzione perché la musica è innanzitutto vibrazione e le vibrazioni negative possono comunicare
Il programma Cosa suonerò domani? Il pianoforte: è il vantaggio del piano solo, si fa quello che si vuole
messaggi ostili. Io la quinta sinfonia di Beethoven non ce l’avrei messa: con quell’inizio lì rischiamo che c’invadano. What a wonderful world di Armstrong, Cheeck to cheek con la Fitzgerald». Che cosa ascolta Bollani? «Tito Puente e Frank Zappa. E tanto Bollani: sto mixando il mio prossimo disco».
E cosa legge?
«Tutto Ishiguro. Ho appena terminato Gli inconsolabili». Cosa suonerà al Grande? «Il pianoforte! Il resto lo saprete al momento. È il bello del piano solo: puoi fare quello che vuoi».