LA BUONA POLITICA E LE LISTE
Le serate dei lunghi coltelli si consumano spesso tra strepiti e tensioni, guerre fratricide e piccoli ricatti, rivendicazioni di quarti di nobiltà e richieste di salvacondotti a qualche padrino più autorevole di altri. No, non è un bello spettacolo quello che si consuma in queste ore nei circoli e nelle sedi di partito per la formazione delle liste. Vi si legge una politica intesa più come potere che come servizio, il tutto infarcito di qualche isterismo di troppo e spesso lontano da principi elementari che vorrebbero in queste occasioni un mix di capacità politica, di reale rappresentanza di un territorio e di possibilità di portar voti alla causa, anche se le battaglie più dure si giocano per i posti che questa complessa legge elettorale mette al sicuro dalle intemperie di un confronto politico in mare aperto. La speranza è che le cronache (rigorosamente ufficiose, ma non per questo meno fedeli) che abbiamo ospitato in questi giorni siano solo i risvolti di un sano e muscolare agonismo tipico di ogni vigilia preelettorale e che nel «terzo tempo» si parli d’altro. Non più delle proprie aspirazioni, ma di quelle di un territorio che ha domande da porre e problemi da risolvere. Che vorrebbe, per dirla con il documento firmato martedì dai vescovi lombardi «riaffermare la necessità di una buona politica». Che non vorrebbe cedere alle tentazioni dell’astensionismo e del disinteresse. Che chiede, infine, attenzioni ai grandi temi più che alle poltrone.