Astensionismo ancora in crescita
Le stime dicono che non voterà almeno un bresciano su quattro. Prima del ‘90 alle urne il 94%
Non solo la «competizione» tra coalizioni e correnti: il primo problema da affrontare, pensando alla chiamata alle urne, è l’astensionismo. Ricerche e sondaggi dicono che l’elettorato che il 4 marzo non andrà ai seggi sarà addirittura superiore al 30%. Tanti aventi diritto al volo, sempre più tanti. Se pensiamo che nella Prima Repubblica a votare si andava più o meno tutti: a Brescia la percentuale arrivava o superava il 94%.
Il partito del non voto è quello che spaventa. Le ricerche e i sondaggi che si susseguono dicono che l’elettorato che se ne starà lontano dalle urne il 4 marzo sarà superiore al 30 per cento. Tanti, sempre di più. Nella prima repubblica, un’era politica fa, l’astensione era quasi una grandezza fisiologica: a votare andavano più o meno tutti, con percentuali spesso superiori al 90 per cento.
Voto ideologico, molto identitario, chi non votava lo faceva non perché lontano dai partiti o «disgustato dalla politica» (c’erano anche quelli, ma erano quattro gatti) ma più banalmente perché era malato, in ferie, all’estero per lavoro. A Brescia, con poche differenze tra la città e la provincia, la percentuale di votanti arrivava o superava addirittura il 93-94%. Poi, vuoi per la caduta del Muro, vuoi perché le ideologie si sono un po’ annacquate, l’astensione ha iniziato a galoppare. Nel 1992 in Italia era rimasto a casa il 12% degli aventi diritto, a Brescia circa la metà. Nel 1996 il primo gradino: 17% di astenuti la media nazionale, 9% a Brescia. Nel 2001 il secondo: 18,6% di non votanti in Italia, 12,4% a Brescia. E sempre più in alto, fino a quasi il 25% nazionale e il 18% o quasi a Brescia. Ora lo spauracchio è quota 30% a livello nazionale. Brescia resterà sotto, ma la soglia del 20%, se non il 25%, di non votanti sarà superata. Uno su cinque (o quattro). Numeri che sono già un lusso se si guarda il voto delle ultime europee, dove più di quattro su dieci (tre su dieci a Brescia) aventi diritto non sono andati a votare. Le medie, si sa, sono sempre un po’ quelle del pollo e per capire chi non va a votare viene utile la ricerca fatta tempo addietro dall’ufficio statistica del Comune di Brescia (ma studi nazionali dicono più o meno la stessa cosa) secondo cui in città il non voto per fasce di età è un po’ una parabola ascendente. Si inizia con tanti astenuti a 18 anni e si prosegue così fino a 30 anni circa, poi la partecipazione al voto tende a salire facendo diminuire gli astenuti in modo verticale tra i 50 e i 70 anni. Dopodiché l’astensione ricomincia a crescere, in modo considerevole ( e quindi spesso legata a malattie) dopo gli 80-85 anni. Se i giovani non vanno a votare (si stima in una percentuale addirittura superiore al 40% in queste elezioni) e gli over 50 lo fanno di più, è inevitabile che in qualche misura le proposte politiche si rivolgano più ai secondi che non ai primi.
Il non voto è un giacimento elettorale tutto da scoprire, per riportarlo al voto e accrescere i consensi? Può darsi, qualcuno ne è convinto, ma non deve essere semplice da scovare se la tendenza al non voto è crescente e diffusa praticamente ovunque in Europa. David Van Reybrouck, intellettuale belga di cui è da poco uscito anche in Italia il saggio «Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico» traccia una sintesi anche del dibattito accademico in corso per sperimentare nuove forme di governance più partecipative «senza bisogno delle elezioni». Proposte estreme, più da laboratorio al momento che non proposte praticabili su larga scala, soprattutto in tempi di governo europeo e di formazione di grandi blocchi globali, ma resta che la disaffezione nei confronti del voto e dei processi elettorali è sempre più diffusa a livello nazionale.
E questo anche a Brescia, dove pure in passato si pensava di essere controcorrente e sempre più oggi ci si accorge che questo non era vero, se non parzialmente. Cinque sei punti percentuali di votanti in più rispetto alla media nazionale, ma non altro. Il partito del non voto, forse, sarà il primo anche a Brescia. Senza bisogno di bianche e nulle.