Truffe, imprese a rischio In 6 mesi venti segnalazioni
Alberta Marniga: «Io alleggerita di 80.000 euro, fate attenzione»
Imprenditori attenti. Il crimine vi ha messi nel mirino. Non più solo con i furti ma soprattutto attraverso truffe sofisticate e ben organizzate. Un fenomeno che anche in terra bresciana sta assumendo dimensioni preoccupanti sia per il numero di episodi sia per la gravità dei danni subiti dalle imprese. Che sia diventato un problema più che reale lo dimostrano le oltre 20 segnalazioni arrivate, solo negli ultimi sei mesi, all’ufficio legale e rapporti con la pubblica amministrazione di Aib.
E non è certo la fantasia che manca ai criminali. Le modalità utilizzate, infatti, vanno dai falsi bollettini di pagamento a enti e istituzioni, ai moduli precompilati che in apparenza offrono servizi gratuiti ma in realtà nascondono l’adesione a costosi servizi a pagamento. Nei casi più gravi, le frodi sono rese credibili grazie a furti di identità: i truffatori si presentano con false credenziali e, sfruttando il nome di società spesso note sul mercato, chiedono forniture di beni o servizi «dimenticandosi» poi di pagare.
A cadere nell’inganno ben costruito, non sono quindi solo ingenui vecchietti: «Io stessa ho subito una truffa di circa 80.000 euro – ha denunciato Alberta Marniga, delegata alla legalità di Aib — nonostante anni di indagini, è stata purtroppo archiviata. Ci troviamo di fronte a truffatori di professione, abili a usare il web e a crearsi identità plausibili che facilmente possono trarre in inganno l’imprenditore in buona fede. L’unica arma che abbiamo è la consapevolezza: esorto i colleghi imprenditori, prima di accettare un ordine, di fare tutte le verifiche possibili. Ad esempio, cercare il numero della sede centrale tramite canali ufficiali e chiamare l’ufficio acquisti direttamente, non limitandosi a dialogare con presunti “responsabili”. Solo così io ho potuto evitare una seconda truffa». Poche e semplici regole per alzare il livello di attenzione degli imprenditori non solo bresciani.
L’associazione di via Cefalonia, infatti, da tempo si batte anche a livello nazionale attraverso Confindustria, per segnalare il problema e per coinvolgere direttamente i ministeri competenti.