Tutta la musica antica, dall’archivio al suono
Quasi 700 bobine di microfilm che costituiscono una delle più cospicue collezioni specializzate in musica antica del nord Italia. È il fondo Luca Marenzio, che viene trasferito in questi giorni dalla biblioteca Queriniana alla fondazione diocesana Santa Cecilia di Brescia, con sede in via Bollani. Un trasferimento che è anche l’inizio di un importante progetto di valorizzazione, intitolato «Dall’archivio al suono», presentato ieri in Loggia e promosso dalla fondazione diocesana insieme a Conservatorio e Comune di Brescia. Il fondo fu istituito dall’omonimo Centro di studi musicali (fondato nel 1974 e ormai estinto), che lo destinò alla biblioteca cittadina, e raccoglie tutti i testimoni a stampa fra 1490 e 1740 riportanti composizioni musicali di autori nati o attivi a Brescia in quel periodo. Oltre che l’attività di ricerca, l’opera del Centro ha riguardato l’individuazione e la riproduzione di materiali antichi non posseduti dalla Quenelle riniana o da altre biblioteche storiche del territorio, e la messa a disposizione degli studiosi di musica antica; il fondo queriniano è stato catalogato in anni recenti da Ruggero Del Silenzio. Questo ulteriore passo raccoglie in un unico fondo, costituito dagli atti pubblicati dal Centro studi, dalla corrispondenza scientifica e dai microfilm, e consente di realizzare un unicum archivistico importante, un vero strumento di ricerca, accessibile e organizzato, in questo caso dedicato alla musica antica prodotta da musicisti bresciani. Responsabili del fondo saranno Livio Ticli e Marcello Mazzetti di Palma Choralis, referenti del dipartimento di Musica antica della scuola Santa Cecilia. Diverse le attività previste per promuovere il fondo. Tra queste, domeniche 4 e 11 febbraio nella sede della Scuola Diocesana un workshop su musiche del fondo Marenzio, aperte a cantori e strumentisti, mentre sabato 10 febbraio nell’archivio storico di via Gabriele Rosa ci sarà una visita alle collezioni musicali e micro-laboratorio musicale dalle fonti originali, a cura di Mariella Sala. (f.l.) volere del compositore, il suo totale rispetto, ma soprattutto il comprendere ritmo, tempo, fraseggio che nascono da ogni frase musicale». Come vedi Brescia? «È una città bellissima dal punto di vista architettonico, offre un ritmo di vita giusto, è ottimamente collegata col mondo e si trova al centro dell’Europa. Inoltre, sono molto legato a questi luoghi e ho qui i miei amici». Ti sei esibito a Brescia? «Una volta nel 2016, dirigendo in San Barnaba la Clockbeats Orchestra in Haydn e Mozart: un’esperienza rimasta unica, nata da due amici, Gabriele Levi e Paolo Mantini, che hanno dimostrato che la città offre tanto a livello di giovani musicisti e non ha nulla da invidiare non solo alle grandi città italiane ma anche a quelle europee». Perché hai scelto il Nord Europa? «Anzitutto per perfezionare i miei studi: il Conservatorio di Copenaghen ha uno dei migliori corsi di direzione orchestra al mondo. Ho studiato con Giordani Bellincampi e il Paese si è dimostrato imprevedibilmente vicino: le orchestre, il teatro dell’opera hanno avuto interesse per me come studente e poi mi hanno aiutato a fare i primi passi come direttore. Sono considerato di fatto un musicista danese, mi hanno formato e mi tengono vicino. Una cosa che qui non è immaginabile. Poi, in Danimarca, ci sono tante orchestre amatoriali e puoi fare un sacco di lavoro per impratichirti». Prossimi impegni? «Il mio debutto all’Opera reale di Copenaghen con Barbiere di Siviglia a marzo e Dama di picche di Ciaikovskij ad aprile; tornerò anche a dirigere nelle città di Aalborg e Sønderborg. Nel novembre scorso ho debuttato con la Filarmonica di Copenaghen, con la quale ho anche inciso un cd per Brilliant con l’integrale delle opere per clarinetto e orchestra di Bruch». Come è vissuta l’opera italiana? «Il repertorio operistico italiano è amatissimo in Scandinavia: fatico a ricordare recite con poco pubblico. Ma l’opera è amata anche dai musicisti perché crescono col repertorio italiano e quando vedono sul podio un direttore che ama e conosce il repertorio, si entusiasmano. L’idea di una minore eleganza rispetto al pensiero sinfonico di un Brahms o di uno Strauss è facilmente confutabile quando si esegue bene un Verdi, Puccini o un Mascagni». I tuoi autori preferiti? «Ciaikovskji, Verdi e Brahms che non mi stancherei mai di dirigere!».