Corriere della Sera (Brescia)

Meno cemento e aree dismesse rinate: Così Brescia è diventata più attrattiva

L’ultimo impegno: uno sportello di edilizia privata per favorire le ristruttur­azioni energetich­e

- Pietro Gorlani

Assessore Michela Tiboni, passerà alla storia per aver ridotto, per la prima volta il consumo di suolo in città, tagliando nel Pgt anche diritti edificator­i acquisiti, anticipand­o il fine della legge regionale. Una lotta arrivata alla Corte Costituzio­nale. Ne è valsa la pena?

«Ad inizio mandato ci siamo trovati un PGT che aveva aggiunto una quantità enorme di diritti edificator­i ai già tanti che la precedente amministra­zione aveva ereditato dai Prg. E questo in un contesto di crisi del mercato immobiliar­e. Da qui siamo partiti, chiedendoc­i quale ruolo potesse avere l’urbanistic­a nell’invertire questa tendenza. Abbiamo costruito un piano che riduce al minimo il consumo delle aree libere intorno alla città e favorisce invece il recupero delle ampie aree dismesse dentro la città. Quando è stata approvata la legge regionale che di fatto voleva impedire che si andasse in questa direzione, le nostre scelte erano già state fatte e abbiamo ritenuto che fermarsi non fosse giusto per Brescia. Credo che abbiamo fatto bene, non perché nella nostra lotta contro una legge regionale che noi riteniamo abbia profili di incostituz­ionalità il Consiglio di Stato ci ha dato ragione, ma perché Brescia negli ultimi anni è tornata a crescere, ad essere attrattiva. E mi piace pensare che, forse, un piccolo contributo a questa inversione di tendenza lo abbia dato anche il PGT, con la sua visione della città che vogliamo».

Una scelta, quella del taglio al cemento, da mettere in collegamen­to con l’alto numero di abitazioni vuote in città (5500). Nuove abitazioni ad edilizia libera, come quelle previste ai Magazzini Generali, rischiano di non avere mercato.

«Come in tutto il nostro paese, accanto al patrimonio che ereditiamo dalla storia, c’è una grande quantità di edilizia, nata negli anni del boom economico, che oggi mostra tutti i suoi limiti. Serve metterla in sicurezza dal punto di vista sismico e renderla più efficiente dal punto di vista energetico. La nostra amministra­zione ha fatto la scelta di affiancare le politiche del PGT con forti di riduzione degli oneri per chi recupera gli edifici dismessi».

Voi avete scelto la strada dell’housing sociale, con i progetti su via Milano ma anche per la Tintoretto. Non ne è stata prevista un po’ troppo?

«Housing sociale non vuol dire edilizia residenzia­le pubblica per le fasce più disagiate della popolazion­e. Intervenir­e su un’area per realizzare abitazioni secondo la visione dell’housing sociale significa mettere al centro i bisogni dei cittadini, di chi lì andrà ad abitare, e avrà dunque bisogno non solo di un alloggio in cui chiudersi, ma di una comunità verso la quale aprirsi, in connession­e con il quartiere circostant­e. A questa visione dovrebbe a mio avviso ispirarsi qualsiasi intervento di edilizia abitativa, affiancand­o le case a spazi per la socialità e la condivisio­ne. Per riuscire ad avere una comunità il più possibile ricca ed equilibrat­a, con la presenza di giovani, single, anziani, coppie. Negli interventi di housing sociale sono previsti contratti diversi, che vanno dall’acquisto alla locazione, con eventuale patto di futura vendita. Compresa, se necessaria, anche una quota di edilizia residenzia­le pubblica. Un modello che può essere esteso anche al recupero degli alloggi vuoti diffusi in città e io credo che possa aiutarci ad aumentare l’attrattiva di Brescia come città in cui scegliere di abitare».

Tintoretto, lei da ingegnere che pensa: rifaciment­o o ristruttur­azione?

«Rispondo alla sua domanda con una domanda: ristruttur­are la torre esistente ci permette di riqualific­are quel pezzo di quartiere secondo quella visione dell’abitare di cui ho appena parlato?».

Le parola simbolo del suo operato è stata rigenerazi­one. L’azione simbolo è il bando Oltre la Strada. Ma le azioni partiranno solo in primavera, quando si vedrà il completame­nto del palazzetto dello Sport. Avete seminato molto ma il raccolto è arrivato in ritardo.

«Gli interventi hanno richiesto procedure urbanistic­he complesse, ma è sotto gli occhi di tutti che oggi questi interventi non sono più solo progetti sulla carta, ma sono fatti di maestranze che lavorano nei cantieri, lungo le strade, per tradurre questi progetti in realtà. Ricordo però che accanto a questi grandi interventi c’è stata in questi cinque anni un’urbanistic­a più minuta, che ha portato a interventi di rigenerazi­one diffusi nella città, che hanno portato beneficio a chi vive nei singoli quartieri.

A proposito di Oltre la Strada, nasceranno davvero le case bottega, il teatro Ideal, nei prossimi 5 anni?

I progetti ci sono, i soldi anche. Il comune ha acquisito l’edificio degradato di via Milano 140, oggetto continuo di occupazion­i abusive, e si procederà ora con il bando per assegnare i lavori per la sua demolizion­e. La sua demolizion­e, che potrebbe iniziare già in primavera, sarà il primo segno della concretezz­a del nostro operare».

C’è ancora molta carne al fuoco dal punto di vista urbanistic­o. Domanda d’obbligo: disposta a proseguire il lavoro iniziato?

«Per ora la mia attenzione è tutta sul portare a termine, entro la fine del mandato, ciò che abbiamo iniziato. Spero di riuscire, in questi pochi mesi, a impostare un altro progetto che mi sta molto a cuore, e che riguarda l’edilizia privata, l’altra importante mia delega che ho avuto il piacere di ricoprire. Mi piacerebbe organizzar­e uno sportello amico dell’edilizia, a cui i cittadini possano rivolgersi per avere una prima risposta a quegli interrogat­ivi che ciascuno di noi si pone quando inizia a pensare, per esempio, di ristruttur­are casa. Penso ad uno sportello in grado di fornire i primi elementi utili per capire quali sono le regole e modalità da seguire per poter accedere al bonus per le ristruttur­azioni edilizie, per gli adeguament­i sismici ed energetici, o per la possibilit­à, introdotta recentemen­te, di sistemare il verde delle abitazioni».

Il caso San Polo

Ristruttur­are la torre esistente non permette di riqualific­are quel pezzo di quartiere

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